Sfrattati dal campo rom a numero chiuso, provano a rientrarci attraverso il tribunale. Quattro nomadi, cittadini italiani, espulsi dal campo di via Idro a Milano insieme alle loro famiglie, hanno presentato ricorso al Tar della Lombardia contro il Comune chiedendo la sospensione e l'annullamento dei provvedimenti di allontanamento coatto.
I nomadi in passato avevano riportato condanne penali per reati contro il patrimonio, ma nel ricorso l'avvocato Gilberto Pagani fa notare: «Le condanne contestate sono tutte riferite a periodi precedenti l'entrata in vigore del regolamento di gestione del campo. In particolare alcuni ricorrenti, e le di loro famiglie, si vedono revocare l'autorizzazione per condanne risalenti addirittura al 1982 o comunque tutte anteriori all'anno 2007».
Il patto di legalità stilato dalla giunta Moratti parla chiaro, chi ha condanne penali a carico non può alloggiare nelle strutture cittadine, eppure secondo il legale «non vi è stata alcuna violazione da parte dei ricorrenti, o da parte degli altri soggetti indicati nel provvedimento di revoca, delle disposizioni e del regolamento del 3.2.2009 posto che le condanne cui fa riferimento il provvedimento non sono affatto sopravvenute, bensì di gran lunga precedenti all'entrata in vigore del regolamento in questione».
L'avvocato dei nomadi punta sull'«illegittimità e la nullità dei provvedimenti impugnati per eccesso di potere e insussistenza del presupposto». Sarà il tribunale amministrativo a decidere chi ha ragione, e il precedente rischia di pesare molto in futuro per casi analoghi.
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