Il problema di re e regine è che non amano la corona. Identico destino per imperatori e imperatrici in qualunque versione vengano ritratti. E con queste pennellate arriva sul grande schermo l'ennesima versione di Sissi, al secolo Elisabetta d'Austria, moglie di Francesco Giuseppe. Cronaca e storia sono lontanissimi da queste sequenze molto - anche troppo - liberamente ispirate alla vita della sovrana che giornalisti e divulgatori hanno talora messo in parallelo con la Lady D. dei giorni nostri.
Questa Sissi firmata da Marie Kreutzer e interpretata da Vicky Krieps è una donna che non ha più voglia. Ossessionata dall'amore e dalle amicizie. Inquieta per l'ingresso negli anta. Obbligata a preservare la sua immagine. Soffocata dalle convenzioni fra cui il corsetto, legato sempre più stretto, è metafora efficace di un simbolismo opprimente. Vive i suoi giorni col sapore amaro dell'insoddisfazione, riempiendoli di viaggi e dei volti familiari di amici di vecchia data ed ex amanti. Più che una vita è una rincorsa verso un tempo proustianamente perduto in cui il peso massiccio del tempo che scorre viene alleggerito dal tentativo di rivivere la febbre di quegli amori scintillanti.
Ne esce un grande affresco, potente come solo i sentimenti sanno essere. Un quadro in cui i grandi gesti fanno rima con grande cinema ma dove le storie prendono le distanze dalla Storia. E Sissi può diventare la donna dallo schiaffo eclatante verso il destino. L'imperatrice che si sottrae ai suoi doveri o li asseconda senza entusiasmo con la sufficienza che le deriva dal sentirsi al di sopra di ogni parte di un mondo povero. E si fa beffe perfino di un'anagrafe lontanissima da quella della consorte di Francesco Giuseppe, morta giovane, a sessant'anni, di morte violenta.
Vinta, nella tragedia, da questa Sissi quarantenne più amara e sfortunata, se possibile. Decadentista ma cara agli dei. Eclatante e ancor più cara a un pubblico che al cinema vive dei grandi gesti di cui i semplici mortali non sono mai capaci, una volta fuori dalla sala.
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