L'inquinamento ambientale ha determinato, negli ultimi anni, un'impennata delle patologie respiratorie. Oltre ai casi di asma e bronchiti allergiche, sono sempre di più le persone che lamentano disturbi respiratori nasali notturni che le obbligano al costante uso di spray vasocostrittori o quantomeno a respirare a bocca aperta (in quest'ultimo caso, tra l'altro, venendo a mancare oltre alla filtrazione del naso anche il riscaldamento e l'umidificazione dell'aria, si innesca tutta una serie di altri inconvenienti, come secchezza di bocca e gola, faringiti, russamento, apnee notturne...).
«In effetti, l'inquinamento atmosferico può essere responsabile di una irritazione permanente delle mucose nasali, che a lungo andare può portare a forme di riniti, a volte allergiche, che hanno come conseguenza l'ipertrofia dei turbinati inferiori, cioè di quelle piccole strutture che hanno il compito di filtrare, riscaldare e umidificare l'aria diretta ai polmoni», commenta il professor Paolo Gottarelli (paolo.gottarelli@fastwebnet.it), chirurgo plastico a Bologna e docente di chirurgia nasale all'Università di Ferrara. «In molti casi, inoltre, il fenomeno "porta a galla" o evidenzia maggiormente difetti anatomici preesistenti, come alterazioni del setto nasale e dei turbinati stessi; anomalie che la gran parte della popolazione presenta senza nemmeno saperlo, dato che, entro certi limiti, vengono compensate naturalmente, e quindi tollerate». Come correre ai ripari? «Nelle forme più lievi, possono risultare utili alcuni semplici accorgimenti pratici, come la protezione del naso con mascherine filtranti , o il lavaggio delle coane (le aperture di comunicazione tra cavità nasali e cavità orofaringea) con soluzione salina almeno tre volte al giorno, per evitare il ristagno di sostanze tossiche ed irritanti», risponde il professor Paolo Gottarelli. «Se la situazione è più grave invece la cosa migliore è rivolgersi ad uno specialista, per eseguire una TAC dei seni paranasali. Individuare la vera causa del problema (che, spesso, è attribuibile ad un'alterazione anatomica del setto o dei turbinati), è fondamentale, infatti, per risolverlo in modo definitivo. In questo caso, va senz'altro valutata l'opportunità di una soluzione chirurgica».
Le metodiche moderne consentono oggi interventi completi, mirati e poco invasivi: «La Turbinoplastica Inferiore Modificata (MIT), per esempio, ovvero la tecnica da me messa a punto nel 1997 (con all'attivo più di 2800 casi di turbinati operati con successo) non si limita solo a "bruciare" la mucosa, ma affronta l'ipertrofia del turbinato inferiore in tutte e tre le sue componenti anatomiche (osso, tessuto cavernoso e mucosa), In questo modo, si riduce la possibilità di errore e quindi il rischio di recidive. Grazie ad una ricostruzione con sutura riassorbibile finale, inoltre si evita lutilizzo di fastidiosi tamponi. Il recupero è rapido e indolore».
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