È un Matteotti che non ti aspetti quello tratteggiato, in controluce ma non troppo, dai documenti raccolti nell'esposizione «Milano per Matteotti», realizzata dall'Istituto Nazionale Ferruccio Parri e dalla Fondazione Anna Kuliscioff, visitabile nella Sala Vetri di Palazzo Moriggia-Museo del Risorgimento (via Borgonuovo 23) da oggi al 29 dicembre. E non solo perché la mostra, suddivisa in sette ricche sezioni, concede molto alla dimensione intima e privata dell'uomo, viste alla luce del lungo e articolato rapporto con la nostra città. Il fatto è che tra le varie carte che riemergono da un passato lungo un secolo spuntano le «Direttive del Partito Socialista Unitario», libello del 1923 pubblicato proprio a Milano dal giornale «Giustizia» come n. 3 della «Biblioteca di propaganda».
Un testo non inedito, ma forse fino ad oggi non abbastanza approfondito, che dà conto delle insanabili spaccature che dividevano la sinistra all'indomani dello «strappo» comunista del 1921. «Il Psu - si legge nelle linee guida del partito di cui Matteotti, alla Camera dal 1919, era divenuto segretario nel 1922 - può definirsi il Partito socialista che, dopo successive differenziazioni e separazioni da altre correnti, si richiamò alle origini e volle restare fedele alle basi fondamentali del Congresso di Genova del 1892». L'orientamento gradualista e riformista, ispirato alla Seconda Internazionale, da Turati a Treves, da Modigliani a Caldara, da Prampolini a Kuliscioff fino allo stesso Matteotti, si attestò sempre in difesa del pluralismo politico e della pace tra i popoli nel rifiuto della violenza e nella piena accettazione delle regole democratiche e liberali. Ancora: «I socialisti credono condizione necessaria per lo sviluppo e l'emancipazione della classe lavoratrice il metodo democratico e un'atmosfera di libertà politica». Poche righe che bastano a illuminare l'abissale distanza con la sinistra di Gramsci e le correnti massimaliste e rivoluzionarie del Psi. Non era il solo Fascismo, dunque, l'avversario politico di Matteotti, definito da Gramsci «pellegrino del nulla». Ironia della sorte, ci provò il Pci a porre la definitiva pietra sull'«idea che non muore»: analisi impietose giunsero, negli anni, da Longo, Togliatti, Amendola. Per decenni ci fu chi parlò persino di «socialfascisti» e «semifascisti». Il resto emergerà in una tavola rotonda sul documento organizzata per il 30 novembre. La mostra che prosegue fin quasi a fine anno, è un omaggio al deputato socialista in occasione dei 100 anni dall'assassinio avvenuto a opera di sicari fascisti. Coinvolto nella vita politica e culturale milanese fin dal 1915, il giovane Matteotti collabora con le testate socialiste «Critica sociale», «l'Avanti!» e «La Giustizia». La città è teatro del suo legame con i fratelli Steiner, che sposarono Fosca e Settima Titta, sorelle della moglie Velia.
Anche dopo l'uccisione del deputato Milano gioca un ruolo importante: vi nasce il primo antifascismo italiano che dall'Aventino alla Resistenza onorerà il ricordo dei suoi ideali di libertà. Arricchisce l'esposizione una sezione dedicata ai documenti su Matteotti dalle Civiche raccolte storiche.
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