Bologna, ecco l'ultima trovata: l'Atlante di genere per una città femminista

Il documento "vuole favorire una comprensione più profonda di come il genere influenzi il modo in cui le persone vivono e si muovono negli spazi urbani"

Bologna, ecco l'ultima trovata: l'Atlante di genere per una città femminista
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La situazione a Bologna sta sfuggendo di mano. Dopo aver realizzato il manuale woke "Parole che fanno la differenza. Scrivere e comunicare rispettando le differenze di genere" e aver approvato corsi in salsa gender per il personale scolastico, l’ultima trovata dell’amministrazione dem guidata da Matteo Lepore è l’Atlante di genere per una città femminista.

Lo ripetiamo, perché magari il messaggio non è passato: l’Atlante di genere di Bologna per una città femminista. Badate bene: non è una boutade, ma è tutto incredibilmente vero. La presentazione del volume è in programma mercoledì 16 aprile al nuovo padiglione Filla al centro del parco della Montagnola. Il documento è frutto della collaborazione tra Comune di Bologna, Period Think Tank e Sex & the City. All’evento non mancherà certamente la vicesindaca Emily Clancy.

Ma di cosa si tratta in soldoni? Prendiamo in prestito quanto sostenuto sul sito del Comune di sinistra: "L'Atlante vuole favorire una comprensione più profonda di come il genere influenzi il modo in cui le persone vivono e si muovono negli spazi urbani e offrire un'occasione per scoprire iniziative e progetti che stanno trasformando la nostra città".

Non è tutto. Perché secondo gli autori del volume, l’osservazione della città da una prospettiva femminista ha portato alla realizzazione dell'Atlante di genere che analizza diversi aspetti della vita urbana: la sicurezza – percepita o reale – nello spazio pubblico; la mobilità, spesso condizionata da disparità di genere e dalla percezione di insicurezza; i servizi e la sanità, nella peculiarità dei bisogni differenziati sulla base del genere; l’abitare, che esamina l'accesso alla casa e il bisogno di nuovi modelli abitativi per diverse soggettività con una prospettiva di genere; la toponomastica, ancora fortemente disallineata rispetto al ruolo delle donne nella società; il sex work, fenomeno che, sebbene meno visibile oggi in molti contesti urbani, continua a generare sfide politiche e sociali.

Meritevole dedicarsi alla sicurezza, considerando i tanti campanelli d'allarme registrati negli ultimi anni. Ma posta così la questione sembra più una rivendicazione femminista che un intervento concreto.

Perchè se affermi che il volume vuole "favorire una comprensione più profonda di come il genere influenzi il modo in cui le persone vivono e si muovono negli spazi urbani" è difficile pensare il contrario. Anche se i bolognesi sono ormai abituati alla vena propagandistica di chi li governa.

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