![Follia woke a Bari: all'Università spunta l'elenco delle parole proibite](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/15/1739615667-4953708-large.jpg?_=1739615667)
Anche gli atenei italiani sono sempre più contagiati dal woke. L’ultima follia è stata registrata all’Università di Bari (UniBa): un vademecum per “rispettare le differenze di genere”. Sì, avete capito bene: è stato stilato un bignamino ultra-inclusivo per aggirare la “comunicazione sessista”. Si tratta di un documento approvato prima in Senato accademico e poi in Consiglio di amministrazione chiamato “Linee guida per l’adozione di un linguaggio ampio rispettoso delle differenze”. Non c’è nemmeno da sorprendersi in realtà: UniBa è stata la prima ad avviare il Dottorato nazionale in Gender Studies e nel 2024 ha ricevuto il premio come pioniera dell’uguaglianza di genere a livello internazionale dalla Notte dei ricercatori del Mediterraneo nell’ambito dell’iniziativa Gender Equality Pioneers, assieme ad altre due università in Spagna e in Portogallo.
La prima indicazione è di boldriniana memoria, ossia rispettare i femminili professionali: “ingegnera”, “medica”, “banchiera” e la “fabbra”. O, evidenzia Repubblica, i sostantivi che possono riferirsi a capo di un insieme di cose, come “capoinfermiera”. Robe da matti. Ma andiamo avanti. Una delle priorità di questa folata woke è vietare il “buongiorno a tutti”. Non è inclusivo, non va bene. I lavori di un convegno scientifico non si possono aprire in questo modo, soprattutto se ci sono anche delle donne. Il mantra è rispettare la sessualità altrui, anche a discapito del buonsenso. Un altro punto fondamentale è la messa al bando del maschile sovra esteso o non marcato, ossia la mancata concordanza tra l’identità di genere della persona (solitamente il genere femminile) e il genere grammaticale della carica ricoperta.
“Se è vero che nominare qualcosa equivale a far esistere qualcosa, è altrettanto vero che la necessità di nuovi nomi accompagna la nascita di qualcosa di nuovo da nominare” si legge nel documento che contiene le linee guida promosse dal Centro interdipartimentale di studi sulle culture di genere, coordinato dalla docente ordinaria Francesca Recchia Luciani.
Insomma, la priorità delle università sembra quella di adottare un linguaggio ampio dal punto di vista del genere e non formare gli studenti. Anche perché la classifica Censis del 2024 non ha portato buone novelle a UniBa, solo sedicesima nel gruppo dei grandi atenei.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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