L'essenziale differenza fra l'"abracadabra" dei propri interessi e quello che sgorga da Dio

C'è invece un abracadabra magico che parte dalla propria interiorità profonda. Non usa effetti speciali ma l'anima, non fa incantesimi ma ha la forza di cambiare la realtà

L'essenziale differenza fra l'"abracadabra" dei propri interessi e quello che sgorga da Dio

Chi non ha mai pensato, guardando ai propri limiti e alle proprie mancanze, che forse più che l'assoluzione servirebbe una magia? Abracadabra. Sono sempre le stesse cose. Non dovrebbe stupire il sentirsi dire persino in confessionale: «il solito, grazie!». La buona volontà poi però ha vita breve, tanto da percepire quello scoraggiamento che svuota la voglia di ritentare. L'alternativa è davvero un sortilegio? «Abracadabra» è una celeberrima formula per incantesimi. La sua potenza non sta nell'effetto (che non c'è), ma nel senso nascosto che può essere decriptato con tre lingue mediorientali antichissime e molto simili nella pronuncia dei vocaboli. Se viene letta come se fosse in aramaico il significato è «creo quello che dico». Usando l'ebraico invece potrebbe avere due assonanze: qualcuno lo interpreta come «benedici quello che fai», altri ci leggono «metti la tua luce fino alla fine». Infine c'è la possibilità che sia arabo e allora diventa «le cose siano compiute o distrutte».

Mia intenzione non è quella di fare dissertazioni lessicali, quanto di lasciarci interpellare da queste tre provocazioni per pensare alla realtà attorno a noi e soprattutto dentro di noi. Tutti incontriamo spesso tanti e svariati prestigiatori di discorsi e persino di sentimenti: affascinano, ma sono molto abili a nascondere il trucco. C'è poi il rischio opposto: quello di aspettarsi che sia Dio a risolvere i problemi con qualche prodigio. Invece abracadabra

- proprio come il Vangelo, se lo si legge - ribalta la prospettiva su noi, invitandoci a comprendere il potere magico della propria coscienza, quello che si può percepire quando ti accorgi di quell'attimo che fa la differenza tra «è troppo presto» e «è troppo tardi». Ad esempio credo che alla base del bullismo di gruppi di adolescenti o dell'arrogante maleducazione di alcuni giovani ci sia un Suv dei genitori parcheggiato sul marciapiede o al posto degli handicappati quando erano bambini. Tutto è facile, scontato, immediato se a me va bene o mi serve, abracadabra! Se lo fanno gli altri, apriti cielo! Che peccato poi che non ci si possa scambiare i problemi, visto che si sa sempre come risolvere quelli degli altri. Abracadabra! Questo secondo me è l'abracadabra farlocco di chi fa l'incantesimo per cui il bello è sempre merito suo e lo sbagliato è colpa tua o di chi manipola la realtà cambiandoti le carte sotto il naso.

C'è invece un abracadabra magico che parte dalla propria interiorità profonda. Non usa effetti speciali ma l'anima, non fa incantesimi ma ha la forza di cambiare la realtà. Si racconta che una volta Giovanni Paolo II doveva pranzare con un vescovo che arrivò incredibilmente in ritardo e si scusò con il Papa raccontando di aver incrociato sotto il colonnato di San Pietro un barbone e si era fermato con lui avendolo riconosciuto: era un suo ex-prete con una vita balorda, trasandata e ormai distrutta. Il presule era triste perché lo aveva trovato impantanato

in quella situazione disagiata nella quale si era rassegnato e non voleva farsi aiutare. Il Santo Padre gli disse di andarlo a cercare e portarlo a tavola. Avrebbe atteso finché non sarebbe arrivato questo ospite. Il povero, così com'era, sporco e sgualcito, dal selciato del colonnato del Bernini dove dormiva nei cartoni si trovò nella solennità dorata del Palazzo Apostolico. Imbarazzato e impacciato, si accomodò con il Papa che lo stava aspettando e che lo trattò come un commensale familiare, senza chiedergli nulla del suo passato. Ai saluti però lo prese in disparte e il Pontefice chiese all'ex prete barbone: «Vuoi confessarmi?». Immaginate la sua incredulità: il grande Papa Giovanni Paolo II era inginocchiato davanti a lui e in quel momento vedeva proprio lui, con tutta la sua vita sballata, come strumento della grazia di Dio. L'esperienza toccò così profondamente quell'uomo che iniziò una vita nuova, si curò, ritrovò la sua dignità e tornò a fare il prete.

Abracadabra! Questa è la magia che «crea quello che

dici», che «benedice quello che fai», che ti fa «mettere la tua luce fino alla fine», finché siano «compiute le cose belle e distrutte quelle farlocche e illusorie». Abracadabra, appunto! E funziona! È magico? No, è divino!

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