Sogno italiano: dall’Albinoleffe ai mondiali

Da Bassano al Sudafrica. Il numero 1 del Cagliari Federico Marchetti, 27 anni, è il primo rossoblu convocato in azzurro dopo Gigi Riva. Ha girato otto club in otto anni

Sogno italiano: dall’Albinoleffe ai mondiali

Nei giorni dello Jabulani e delle papere mondiali, c’è anche spazio per le favole. Come quella di Federico Marchetti, una carriera vissuta in provincia lontano dalla ribalta della Champions o dell’Europa del football, che in una sera sudafricana fredda e piovosa si ritrova tra i pali dell’Italia di Lippi. La schiena di Buffon fa di nuovo crac e lui debutta al Mondiale con sole 5 presenze azzurre alle spalle. «Ero in preallarme per i problemi di Gigi, poi ho dovuto sostituirlo - così il numero uno del Cagliari -. Pensate, stavo per prendere il posto del mio mito, colui al quale cerco sempre di rubare qualcosa, qualche movimento perché è il migliore del mondo. Mi ha fatto l’in bocca al lupo e nonostante mi passassero tante cose per la testa, ho pensato solo a concentrarmi sulla partita».

Il primo convocato azzurro del club sardo dopo 36 anni e un certo Gigi Riva ha un carattere umile (e giura che rimarrà tale) e un tatuaggio particolare sul braccio destro: una preghiera dell’Avesta, il testo sacro della religione di Zarathustra, l’equivalente cristiano dell’Ave Maria. «È un segno di ringraziamento per essermi salvato con due amici in un incidente in autostrada: un terribile scontro con un camion e l’auto prese fuoco, ci siamo salvati rompendo il finestrino e siamo usciti praticamente illesi. Qualcuno da lassù ci aveva protetto». E sul sinistro ne compare un altro: Andrea e Francy with me forever (con me per sempre). «È il ricordo di due amici e compagni di squadra a Vercelli, loro purtroppo morirono in incidenti stradali».

La storia calcistica di Federico nasce come quella di altri portieri: «Giocavo attaccante perché avevo un bel tiro», raccontò un giorno il 27enne di Bassano del Grappa, ricordando gli inizi negli allievi del Bessica, squadra del Trevigiano. Poi lo misero tra i pali e siccome se la cavava bene, ci è rimasto. Giovanili del Torino dall’età di 15 anni, poi la gavetta nelle serie professionistiche inferiori: Pro Vercelli, Crotone, Treviso, ancora Pro Vercelli, Biellese. I granata (maglia vestita una sola volta in B) lo hanno ormai «scaricato» e lui medita addirittura di smettere.

Ma quando nel 2006 Buffon alza la Coppa a Berlino, per Marchetti si aprono le porte della B. Lo sceglie il presidente Andreoletti dell’Albinoleffe, club a caccia della quarta salvezza consecutiva e sempre bravo a scovare lungo la Penisola giocatori sconosciuti, ma di qualità. Mondonico gli preferisce Acerbis, lui disputa comunque un buon numero di partite. Con Gustinetti prima e Madonna poi diventa titolare inamovibile e nonostante un intervento al gomito fa di tutto per rientrare per gli storici playoff per la A persi con il Lecce. Allegri, allora allenatore del Brescia sconfitto in semifinale proprio dall’Albinoleffe, rimane impressionato da quel ragazzone di 1.86 abilissimo sulle palle alte (è dotato di una formidabile elevazione) e capace di leggere bene il tempo sulle uscite. Così lo consiglia a Cellino, già accordatosi con il Chievo per Sorrentino. Il debutto in A è cosa fatta e Federico viene addirittura eletto miglior portiere della stagione 2008/2009, tanto che i sardi lo riscattano dall’Albinoleffe per 4,5 milioni di euro.

Logica conseguenza, la Nazionale: l’esordio arriva a Pisa il 6 giugno 2009 contro l’Irlanda del Nord negli esperimenti fatti dal ct alla vigilia della Confederations Cup e presto diventa il vice Buffon. Nell’ambiente azzurro si narra che a Lippi sia piaciuto il fatto che in allenamento si faccia sentire molto dai compagni. Il Mondiale rischiava di vederlo in tv per un piccolo guaio muscolare dietro il ginocchio rimediato al Sestriere, l’infortunio a Buffon gli ha fatto vivere un sogno.

L’incubo erano lo Jabulani dalle strane traiettorie e le papere di Green e Chaouchi, ma il Paraguay non lo ha mai impegnato. «Non sarà sempre così...», sorride Federico. Ora la porta azzurra è nelle sue mani, con la benedizione di Buffon e Lippi.

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