Solo un'espressione turistica

Chi è cresciuto in una realtà talvolta è il più inadatto a giudicarla, non il contrario. Il discorso vale per Massimo Cacciari come per l’amico Renato Brunetta, che ancora ieri, incredibilmente, diceva che Venezia non deve diventare la nostra Disneyland. No, certo, non deve diventarlo nel senso che lo è già diventata da almeno quarant'anni: eppure continuano a discuterne come se la questione esistesse. Venezia non è una città, è un avamposto del turismo mondiale globalizzato, comandano i turisti e il loro denaro, gli abitanti se ne sono andati o se ne andranno - sono ridotti a 60mila, pari a una città come Crotone - o campano del turismo stesso. Gli altri, e mi scuso per il cinismo, sono perlopiù degli snob benestanti che restano residuali e terminali. Il processo è irreversibile. Topi e rifiuti sono sì un problema, ma dell'assessorato al Turismo. Il problema delle gondolette di plastica, o dei finti merletti o bicchieri di Murano, è che sono Made in Corea. I gondolieri cantano ’O sole mio e servono pizze con sopra gli spaghetti, mentre le librerie - Stenio Solinas ha scritto bene - latitano.

Prenderne atto non è disfattismo, è senso della realtà. Non c'è da rianimarlo, il paziente è morto di vecchiaia e di modernità. Di notte, se volete, a Venezia potete rivivere visioni oniriche e fiabesche. Di giorno, e da secoli, solo zecchini e talleri e sghei.

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