Milano - Benedetto XVI che abbraccia Milano, i suoi bambini, il suo Duomo, che si gode la Scala ed esalta il «ruolo positivo» della città «foriero di sviluppo e di pace per tutta l’Italia». Che insiste su ciò che gli sta più a cuore: «Immettere nell’attuale contesto culturale il lievito evangelico» perché «la fede in Gesù Cristo deve animare tutto il tessuto della vita». E che arriva assieme al cardinale Tarcisio Bertone, il segretario di stato nell’occhio del ciclone per le recenti fughe di lettere e documenti dai Sacri palazzi d’Oltretevere.
Con il suo stile semplice e chiaro, che non trascura nulla e si fa capire da tutti, il Papa arriva a Milano per incontrare le famiglie del mondo senza dimenticare i momenti drammatici che sta attraversando la Santa Sede. Non ne parla nel discorso ufficiale pronunciato sul sagrato del Duomo, il «simbolo della città che con la sua selva di guglie invita a guardare in alto, a Dio». Tuttavia la presenza insolita di Bertone è eloquente. Il numero due vaticano accompagna il Papa nei viaggi ufficiali all’estero, mentre questi tre giorni milanesi di Benedetto XVI sono una tappa pastorale. Il pontefice vuole a fianco il suo principale collaboratore per mostrare quanta fiducia riponga ancora in lui.
C’è un altro cardinale accanto a Ratzinger. È il padrone di casa, l’arcivescovo Angelo Scola, commosso, che presenta al Papa una Milano i cui destini «sono impregnati da un solido intreccio di cristianesimo e civiltà», la «capitale del lavoro e della finanza» dove «i cristiani non sono profeti di sventura ma testimoni e quindi edificatori tenaci di vita buona». Il Papa lo ringrazia più volte, assieme al sindaco, alle altre istituzioni e ai predecessori di Scola, Tettamanzi e Martini.
Appare stanco Ratzinger. Elicottero fino a Ciampino, aereo per Linate, papamobile verso il centro, un percorso che sfiora alcuni luoghi simbolo: un ospedale, il palazzo di giustizia, la Camera del lavoro. Arriva alle 17,50 in una piazza piena di entusiasmo, che lo acclama e lo costringe a rallentare, a fermarsi, a prendere in braccio alcuni bambini. Il saluto alla città dura poco più di mezz’ora, ma prima di ascoltare la Nona di Beethoven alla Scala diretta da Daniel Barenboim alla presenza della Milano che conta, il pontefice si deve riposare in arcivescovado. Nel discorso cita tante sofferenze di questa nostra Italia: disoccupati, carcerati, malati, terremotati, senza tetto. E anche lui ha il suo bel peso sulle spalle.
Ma il Papa è sorretto da una forza che non si dà lui. Parlando di sant’Ambrogio, ne ricorda «il legame con la Chiesa di Roma» e con «il vescovo che la presiede», «il profondo senso ecclesiale e il sincero affetto di comunione con il Successore di Pietro». Ambrogio è sempre stato fedele al Papa. Ratzinger cita altri vescovi, di ognuno rilevando aspetti che non appartengono al passato: san Carlo Borromeo per le riforme, l’austerità di vita, la carità pastorale, l’unione con Dio; il cardinal Ferrari, «apostolo della catechesi» e «promotore del rinnovamento sociale»; l’arcivescovo Schuster, il «cardinale della preghiera»; e poi Pio XI che chiuse la Questione romana e Paolo VI che portò «a esito felice» il Concilio. Preghiera, austerità, carità, vicinanza a Dio: ecco che cosa Benedetto XVI ricorda al mondo di oggi.
«Voi ben sapete - insiste - quanto sia urgente immettere nell’attuale contesto culturale il lievito evangelico». La fede in Gesù Cristo «deve animare tutto il tessuto della vita, personale e comunitaria, privata e pubblica, così da consentire uno stabile e autentico “ben essere”, a partire dalla famiglia, che va riscoperta quale patrimonio principale dell’umanità». Famiglia, al singolare, a differenza del sindaco Pisapia che aveva parlato di «famiglie» forse intendendo forme diverse da quella tradizionale.
Papa Ratzinger non entra però in polemica: «Nella chiara distinzione dei ruoli e delle finalità la Milano positivamente “laica” e la Milano della fede sono chiamate a concorrere al bene comune». E poi affida tutti alla Madonna, che brilla sulle guglie del Duomo.
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