Il capolavoro per un artista è quando la nostalgia del passato gli consente di realizzare un capolavoro originale profondamente ispirato da quella malinconia. Peter Bogdanovich, morto ieri a Los Angeles a 82 anni, è riuscito in questa impresa nelle sue due principali attività.
Da una parte, dopo l'ottimo esordio - prodotto dall'amico regista Roger Corman - di Target con protagonista una leggenda di Hollywood come Boris Karloff, ha girato nel 1971 L'ultimo spettacolo, un omaggio in bianco e nero tra i più sentiti, malinconici e disperati sulla provincia americana degli anni '50, quando le sale cinematografiche iniziavano a chiudere, attraverso l'utilizzo critico di stilemi registici e scenografici del cinema statunitense classico. Interpretato da Timothy Bottoms, Jeff Bridges e Cybill Shepherd ottenne ben otto nominations e due Oscar agli attori non protagonisti, Ben Johnson e Cloris Leachman.
Dall'altro ha scritto uno dei libri più importanti della storia del cinema, Il cinema secondo John Ford nel 1967. Un'anima divisa in due, lo studioso che si laurea con una tesi su Furore, appunto di John Ford, prima di dedicare fondamentali monografie a Fritz Lang e Orson Welles e il cineasta che omaggia il cinema classico nei suoi film con un amore e una profondità pieni di autenticità e privi di accademismo che è la malattia dei critici-registi. Subito dopo riprende la grande tradizione della screwball comedy, in particolare Susanna di Howard Hawks, con Ma papà ti manda sola? con Barbra Streisand e Ryan O'Neal e, sempre con quest'ultimo, nel 1973 dirige il road movie Paper Moon all'epoca della depressione con la struggente fotografia in bianco e nero del grande László Kovács. Omaggio all'America del New Deal di Roosvelt - e ritorna la lezione della tesi su Furore - e ai suoi interpreti cinematografici come Shirley Temple richiamata nella scelta della piccola protagonista Tatum, figlia di Ryan O'Neal, che nel film vagabonda con il padre venditore ambulante di bibbie.
Meno fortunati i successivi tre film girati in una manciata di anni, dal 1974 al 1976, Daisy Miller costruito su misura su Cybill Shepherd compagna di Bogdanovich, il musical rivisitato degli anni '30 Finalmente arrivò l'amore e la commedia Nickelodeon di nuovo interpretata da Tatum e Ryan O'Neal nel ruolo di un regista che ricorda Cecil B. De Mille.
A cavallo del 1980 gira Saint Jack e E tutti risero che, grazie all'interpretazione in entrambi di Ben Gazzara, risultano apprezzati dalla critica per il recupero dei codici dei film di gangster nel primo e la commedia sofisticata nel secondo dove appare anche Audrey Hepburn in uno dei suoi ultimi ruoli al cinema insieme alla nuova compagna del regista, Dorothy Stratten che verrà uccisa per gelosia dal marito alla fine delle riprese.Cinque anni dopo è la volta di Dietro la maschera, ispirato alla storia vera di una madre con un figlio deformato da una malattia, che consente a Cher di vincere al festival di Cannes il premio come migliore attrice. Nel 1990 torna al suo capolavoro The Last Picture Show realizzando, vent'anni dopo, il sequel Texasville sempre ambientato nel paese di Anarene in Texas.
Sono gli anni in cui Bogdanovich lavora molto per la tv americana oltre che proseguire la sua attività mai abbandonata di critico prima di tornare nel 2001 con Hollywood Confidential a raccontare ancora una volta la Mecca del cinema e, infine, nel 2014, grazie all'aiuto dei suoi amici registi, Noah Baumbach e Wes Anderson, con la sua ultima e scoppiettante commedia degli equivoci Tutto può accadere a Broadway con Owen Wilson.
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