Ogni comunità politica necessita di capi, dalla civiltà assira e dall'Egitto Nagada, cioè da più di cinquemila anni, fino a oggi, E anche se, nel corso dei secoli e degli luoghi, le forme cambiano, le qualità richieste a un capo sembrano essere le medesime. Solo con la democrazia e con la società di massa, a partire dalla fine del XIX secolo, nasce il problema se il capo scelto dagli elettori sia veramente tale, o non sia solo un demagogo, un millantatore o un buffone. Ecco quindi biblioteche intere dedicate allo studio della leadership, che è modo gentile per dire capo, non solo in politica ma anche in economia, cioè nella conduzione di imprese.
A questa immensa biblioteca va aggiunto oggi un altro volume, il cui autore non è un passante per caso: Henry Kissinger (Leadership, Basic Books). Quasi centenario, il mitico ex segretario di Stato di Nixon e di Ford non continua solo la sua attività di consigliere internazionale ma anche quello di studioso, che fu sempre. Prima di iniziare a lavorare con Nixon, egli era infatti un accademico di vaglia, storico delle relazioni internazionali, autore nel 1957 di un libro fondamentale e ancora a tutt'oggi imprescindibile sul Congresso di Vienna. Da consigliere per la sicurezza nazionale prima e poi da segretario di Stato, Kissinger cercò sempre di far incontrare le ipotesi di studioso con le durezze del mondo reale. E non si può dire abbia poco meritato, visto che oggi Nixon, anche grazie a lui, è considerato uno dei migliori presidenti del XX secolo. Da storico, in questo libro Kissinger ci propone una definizione di capo politico, desumendolo all'esempio di alcune personalità della seconda metà del Novecento: Adenauer, De Gaulle, Nixon, il fondatore di Singapore Lee Kan Yuw, il presidente dell'Egitto Sadat, Margaret Thatcher. Facile il gioco consistente nel marcare le assenze: e Reagan? E Helmut Kohl? Anche se l'autore non lo scrive esplicitatamene, i leader sembrano selezionati in base ai rapporti, politici o amicali, da Kissinger intrattenuti con loro.
Ogni capitolo, infatti, oltre a fungere da biografia politica del personaggio, utile ai neofiti, un po' meno agli studiosi, è anche corredato da ricordi personali degli incontri con l'autore. Vi è qualcosa che tuttavia accomuna questi capi fin dal primo sguardo: sono stati fondatori (o riformatori) di un ordine. È infatti questa la prima caratteristica della leadership, almeno di quella, come si dice in scienza politica, trasformazionale.
Le altre caratteristiche del capo, secondo Kissinger, sono l'umiltà, l'attitudine di ascolto e di confronto con posizioni anche molto diverse, la capacità di decisione, certo, ma che non può essere decisionismo distruttivo: per Kissinger, leader è soprattutto chi sa costruire, non chi sfascia. Per questo il leader può apparire, in alcuni casi, come Nixon, un attendista, un mediatore, addirittura un liberal, come lo accusava a torto, l'ala più conservatrice dei Repubblicani. Per Kissinger, un'altra caratteristica fondamentale del capo sta nella volontà di spiazzare. Ogni vero leader pensa quel che credeva Goethe, che la coerenza sia la virtù degli imbecilli. Se il capo si mantiene rigido, scrive Kissinger, diventa prevedibile agli occhi degli avversari, quindi facilmente attaccabile. Vero leader è chi, quando è necessario, cambia direzione, anche sorprendendo i suoi, che tuttavia, se è un capo, saprà convincere. L'esempio classico è quello di De Gaulle sull'Algeria, eletto presidente come sostenitore dell'Algeria francese, in quattro anni le diede l'indipendenza. Un altro elemento che caratterizza il leader sta nella capacità di studiare e di circondarsi di figure che lo aiutino ad analizzare i contesti: questo non vuol dire che il capo debba essere necessariamente acculturato, ma neppure potrà essere un urlatore da social e da comizi, incapace di concentrarsi per più di dieci minuti sui dossier.
Da qui due conclusioni, nostre. La prima è che, seguendo lo schema di Kissinger, di capi oggi se ne vedono assai pochi, nel mondo ma soprattutto in Italia.
La seconda è che, contrariamente a quanto si creda, l'acquario populista non potrà mai produrre leader ma solo demagoghi o follower, cioè l'inverso di un capo. Nessuna delle qualità indicate da Kissinger troviamo infatti nei leader, passati e presenti, del populismo e del sovranismo internazionale: semmai, tutte le caratteristiche opposte.
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