Alessandro Busci, il moderno che arriva alla perfezione zen

Angelo Crespi

Alessandro Busci ha acquisito una tecnica tale che il suo gesto appare senza sforzo, come quando il maestro zen tende l'arco apparentemente senza impegnare alcun muscolo, ma l'allievo invece sa la fatica dell'incurvare arco e corda fino alla perfezione del cerchio, e lo fa con una naturalezza che le figure si accampano per magia, con pochi tratti di smalto sul duro dei supporti d'acciaio corten, siano edifici e architetture, aerei e aeroporti, o più recenti, montagne e boschi di betulle.

Nell'ultima produzione (in mostra da «Imago Gallery» a Lugano fino a Ottobre), si è infatti innestata una nuova ricerca che riguarda un mondo della figurazione legato alla tradizione pittorica lombarda, tra naturalismo e simbolismo, che parte dai grandi di fine '800 e di inizio '900 (alla Segantini) e arriva fino ai più prossimi (come Frangi), con paesaggi montani e boschivi nei quali la materia si addensa (alla Morlotti, con altre tonalità), e che non disdegna l'approdo, per via del gesto, quasi a un astrattismo che non sarebbe dispiaciuto a Burri. Ovviamente il tutto riassunto in una contemporaneità stretta che permette all'artista milanese di confrontarsi con i grandi dell'international style, da Kiefer in giù.

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