Più che un'autobiografia è un film d'avventura: scommesse impossibili, eroine bellissime, amori contrastati, morti romanzesche, figlie perdute e ritrovate. Luca Ward è il Principe delle tenebre più amato del doppiaggio, quasi un milione di follower su Facebook, è la voce più famosa del cinema, la voce più famosa e basta. In Il talento di essere Nessuno (Sperling&Kupfer) racconta con coraggio e tenerezza il suo mondo segreto, a partire dalla malattia della figlia Luna. Pensare che nemmeno si sognava di farlo.
«Me lo ha chiesto l'editore. Mi hanno detto: Sei molto popolare sui social, 7 fan su 10 sono donne e, caso più unico che raro, non ha haters».
In effetti non avere odiatori è miracoloso. Forse perché con la voce si acchiappa?
«Sì, ma io non ne ho mai approfittato. Certo se ti capitava la ragazza un po' dubbiosa, allora buttavi lì una poesia di Prevert e tac!»
Ma la voce è stata un vantaggio o un limite?
«Una volta ai casting per attori se facevi il doppiatore ti scartavano. Per Elisa di Rivombrosa sono stato l'ultimo a fare il provino perché Mediaset aveva dei forti dubbi su di me. Cinzia Th. Torrini me lo fece fare in tre dialetti diversi per dimostrare che ero un attore vero. Fu un successo spaziale».
Ma anche «Al mio segnale scatenate l'inferno»
«L'avrò ripetuta miliardi di volte, ma mi fa piacere. Anni fa c'erano signore che al bar chiedevano a Ferruccio Amendola la frase degli Intoccabili Sei solo chiacchiere e distintivo. Gli dissi: arrivare alla gente solo con la voce è grandioso. Mi rispose: succederà anche a te».
Avrebbe avuto lo stesso successo quella frase in originale: «Al mio segnale scatenate i cani»?
«A Ridley Scott è piaciuta così tanto che ha cambiato la versione originale. Il doppiaggio ha migliorato l'originale».
Perché tutte queste cattiverie su voi doppiatori, che siete i migliori del mondo?
«Per ignoranza. Il cinema italiano è diventato grande grazie al doppiaggio. Sergio Leone quando entrava in sala di doppiaggio diceva: adesso cominciamo a fare il film...».
Scrive: «Non si doppia solo con la voce, ma con il cuore, con la testa e con la vita». E questo algoritmo che imita la vostra voce e doppia i film?
«Ho sentito la mia voce campionata: più o meno ci siamo. Ma una macchina, per quanto perfetta, dentro non ha niente, la vita non ce l'ha. E il cinema senza la vita è morto».
Ha incontrato Russell Crowe?
«Nel 2005. Mi disse: sono a Roma solo due giorni e voglio vederla di notte. Gli mostrai la Roma imperiale, aveva gli occhi fuori dalle orbite. Ma sapeva tutto della città, mi raccontava persino la storia di ogni colonna. A me che so' de Ostia»
Si farà il Gladiatore 2...
«Spero di no, è un cult perché è unico. Tentarono la stessa operazione con Il Corvo ma fu un disastro. E io mi rifiutai di doppiarlo».
Quando ha scatenato l'inferno?
«Quando sono andato in Brasile a prendermi mia moglie Gaia. Lasciai un lavoro a metà fingendo un casting con Anthony Hopkins. Ma tornai vincitore».
Chi è stato più Gladiatore: suo papà o sua mamma?
«Tutti e due. Mio padre ha dovuto lottare contro la famiglia di mia madre che gli ha rovinato la carriera, facendolo persino finire in galera. Mia madre ha cresciuto tre bambini dopo la morte di papà con niente, contro tutto e tutti».
Non riuscì a salutarla però, quando se ne è andata
«Recitavo a teatro e lei moriva. Arrivai tardi: è il più grande rimpianto della mia vita».
Ha fatto il camionista, il bagnino, il restauratore, il bibitaro. Ha rischiato la vita in Afghanistan. Ai ragazzi che dicono Ci hanno rubato il futuro cos'ha da dire?
«Che il futuro te lo devi andare a prendere. Il futuro la mia generazione se l'è conquistato, nessuno ci ha regalato niente. Da una generazione che ha lottato per farcela hai solo da imparare».
Non era facile la vita dell'attore ieri, non lo è oggi.
«I set hanno ripreso a lavorare ma il problema grosso è il teatro: è fermo da 13 mesi e per ripartire ha bisogno di programmazione, non di via libera a caso. Ci vogliono mesi per fare i calendari, non puoi dire li apriamo tra 20 giorni o a settembre perché così lo ammazzi. Il ministro Franceschini è un uomo intelligente, ma forse non conosce il nostro settore e bisogna che qualcuno glielo spieghi. C'è gente disperata che non merita improvvisazioni».
Avrà la sua vendetta in questa vita o nell'altra o è un uomo in pace con te stesso
«Il lavoro mi ha appagato. Mi spaventa invece il futuro dei miei figli. Non vedo orizzonti, una politica che abbia una visione, uomini capaci di guidare i cambiamenti, la tecnologia che governa le nostre vite. Sa cosa mi manca?».
Mi dica
«Da ragazzo quando uscivi di casa nessuno sapeva più niente di te. Oggi che tutti sappiano dove sei e cosa fai non le pare un inferno?».
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