Sulle sue spalle grava un compito assai difficile. Riaprire uno spazio di informazione in prima serata su Raidue, lì dove da anni si cerca una nuova formula e dove alcuni suoi colleghi hanno fallito. Insomma, per Francesca Parisella, una vita da cronista, da inviata per varie trasmissioni Rai (Uno Mattina, Virus) e Mediaset (Matrix, Quarta Repubblica) e per la prima volta in conduzione, quella di stasera è una vera sfida. Il nuovo programma si intitola Anni 20, non è un tradizionale talk, ma un magazine che indaga sui temi caldi della società del nostro decennio con servizi, storie, reportage e inchieste, realizzati da inviati tosti.
Dunque, Francesca, con tanti programmi di informazione in onda, soprattutto al giovedì, perché lo spettatore dovrebbe scegliere il vostro?
«Prima di tutto, entriamo in questo spazio in punta di piedi, consapevoli che ci sono tradizioni consolidate. Noi vogliamo offrire un punto di vista diverso, raccontare la realtà senza filtri, né politici né ideologici. Alle parole, ai dibattiti, alla teoria, preferiamo i reportage sul campo, i fatti nudi e crudi, in modo che gli spettatori possano farsi una propria opinione. Avremo anche ospiti in studio, esperti del tema che trattiamo, ma non opinionisti chiamati a discutere l'uno contro l'altro»
Raccontare la realtà è l'obiettivo, almeno dichiarato, di ogni spazio di approfondimento.
«Dalla nostra abbiamo una squadra di affermati e agguerriti inviati che ci faranno conoscere situazioni e problemi diversi dal solito, temi dimenticati o anche nascosti dal mainstream dell'informazione. E, tra l'altro, metà dei reporter sono donne, tanto per sfatare il mito che certi temi e certi lavori possono essere trattati e fatti solo da uomini.
Essere una donna in conduzione è pure una responsabilità, benché per fortuna ora ce ne siano sempre di più in questo ruolo.
«Infatti sì. E sono grata al direttore di Raidue Ludovico Di Meo di avermi offerto questa opportunità. Per me è anche il punto di arrivo di una crescita professionale. E un ritorno in Rai dove ho cominciato a fare la giornalista vent'anni fa nelle reti del digitale terrestre, poi in radio, su Raitre, Raiuno e Raidue (dove era nella squadra di Virus di Nicola Porro - ndr)».
In più dovete anche «rimediare» al fallimento dell'esperimento di «Seconda linea», il talk chiuso subito in autunno perché non ha funzionato e di cui tu eri co-conduttrice
«Ma quello era un progetto completamente diverso dal nostro. Noi ci muoviamo più sul solco di format come Nemo o per tornare più indietro delle trasmissioni di Enzo Biagi. Vogliamo parlare dei nostri tempi a 360 gradi, dalla stretta attualità ai temi di costume fino alle realtà positive, modelli da cui l'Italia può ripartire senza dimenticare il peso decisivo delle arti e della cultura per il nostro paese».
Dunque non solo pandemia: di cosa tratterete nella prima puntata?
«Dei lati oscuri del cibo che ci arriva a domicilio dalle dark kitchen, le cucine a basso costo delle multinazionali del delivery. Delle lunghe liste di attesa dei malati non Covid. Degli altri aspetti dell'immigrazione, come le condizioni degli abitanti di Lampedusa quando i riflettori si spengono. Di San Patrignano e il dramma della droga che esiste ancora oggi. E del fenomeno dei trapper, amatissimi dai giovani come si è visto anche a Sanremo, di cui parleremo con Enrico Ruggeri, presente in studio. Collegato con noi ci sarà in ogni puntata anche Alessandro Giuli, che ci darà la sua versione sui fatti raccontati».
Fin quando andrete in onda?
«Fino alla metà di luglio.
Il mandato che ci è stato dato è di sviluppare il nostro progetto senza timori. Per crescere, come si è visto per altre trasmissioni in passato, ci vuole tempo. Ci è stato dato un grande attestato di fiducia e speriamo di esserne all'altezza».
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