A volte si tende a dimenticare che Emmanuel Carrère, il grande scrittore di Limonov e L'avversario, è anche un regista molto interessante. Dopo aver diretto nel 2003 Retour à Kotelnitch e, due anni dopo, L'amore sospetto, tratto da un suo romanzo, ora il pubblico ha la possibilità di vedere al cinema, dal 7 aprile, Tra due mondi, tratto dal libro-inchiesta di Florence Aubenas La scatola rossa, edito da Piemme, e comprovare così il suo stile personale, delicato e profondo insieme.
Un tocco gentile nel raccontare una storia legata all'attualità, al lavoro invisibile e precario di oggi. «È stata proprio la scrittrice a fare il mio nome per la regia, sia perché mi apprezza come scrittore, ma soprattutto perché sapeva che il mio modo di fare film è vicino al documentario. In effetti a me piace rimanere su questa frontiera tra realtà e finzione», dice Carrère, giunto a Roma per partecipare con il suo film, che era stato presentato al festival di Cannes nella Quinzaine des Réalisateurs, all'inaugurazione della 12ª edizione di «Rendez-Vous», il festival del cinema francese diretto da Vanessa Tonnini e ospitato fino a lunedì al Cinema Nuovo Sacher, per poi fare tappa alla Cineteca di Bologna, al Cinema Massimo di Torino e all'Institut Français di Napoli.
La protagonista di Tra due mondi, Marianne, interpretata come sempre magistralmente da Juliette Binoche, è una scrittrice affermata la quale, per preparare un libro sul lavoro precario, decide di iscriversi al collocamento a Ouistreham (titolo originale del film), nel Nord della Francia, per essere poi impiegata come donna delle pulizie sui traghetti che attraversano la Manica. Scoprirà un mondo di lavoratrici spesso umiliate, ma unite da una forte solidarietà, proprio come il rapporto che si crea tra lei e Christèle, ragazza madre che non si dà mai per vinta.
In realtà il racconto di questa vicinanza tra le due donne è frutto dell'invenzione della sceneggiatura di Carrère e di Hélène Devynck: «Io sono - dice lo scrittore e regista - un partigiano del tradimento dei libri al cinema. Tutta la dimensione del rapporto tra loro, nell'inchiesta di Florence Aubenas non c'è perché è più un'opera di tipo documentario. Ma più in generale, il fatto che abbiano fatto la stessa cosa con i miei libri portati al cinema, tradendoli, non mi importa assolutamente». Il film entra in punta dei piedi nel racconto di un mondo del lavoro dal punto di vista di chi è invece privilegiato, come la protagonista del film e come lo stesso Carrère che, infatti, sottolinea come «si respiri il senso di colpa che si sente quando ci si avvicina alle vite degli altri e a condizioni che non sono le nostre».
Per interpretare le lavoratrici, il regista ha scelto tutte attrici non professioniste, mentre, spiega Carrère, «Juliette Binoche ha un ruolo decisivo perché lei è all'origine di tutto. È da un suo desiderio che è partito il progetto. Così, quando abbiano iniziato le riprese è arrivata un giorno prima ed è stata accolta da queste signore, donne delle pulizie, in maniera un po' diffidente. Mentre lei, con la sua gentilezza - parola che oggi sembra a torto troppo sdolcinata - ha conquistato tutti, avvicinandosi a loro con autenticità e semplicità, caratteristica che è stata poi la cifra di tutte le riprese».
Naturalmente, visto che Emmanuel Carrère ha la madre di origini russe e che ultimamente ha scritto un bellissimo reportage da lì proprio quando è scoppiata la guerra, non si può non finire a parlare del conflitto in Ucraina: «Sono molto legato alla Russia, alla sua letteratura, sia per mia madre, sia perché parlo anche il russo, anche se purtroppo troppo poco e questo mi dispiace.
Ho scritto due libri lì e girato un film e sono costernato per quello che sta accadendo, anche se preferisco pensare che non sia la Russia a farlo, ma il suo presidente. La verità è che i cittadini russi si sono trovati nella condizione di aggressori senza volerlo».
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