Cerasa descrive le "catene" che bloccano i partiti politici di destra e sinistra

Il populismo e il complottismo sono pericoli che solo i moderati possono frenare

Cerasa descrive le "catene" che bloccano i partiti politici di destra e sinistra

Se ieri era vero che con il populismo si vince ma non si governa, oggi è vero che con il populismo non si vince e non si governa. È questa la lezione che, con un minimo di onestà intellettuale, si può ricavare dalla storia di questi anni vissuti pericolosamente le cui tappe fondamentali sono state tre: a) la vittoria nel 2018 del M5S ossia il più grande movimento demagogico nella storia della democrazia italiana; b) il governo Conte I con l'alleanza giallo-verde e la crème del populismo italiano e il governo Conte II con l'alleanza giallo-rossa e l'innamoramento tra anti-casta ed establishment italiano; c) il governo Draghi con cui si prende atto del fallimento del populismo e, tra alti e bassi e inevitabili contraddizioni, si ritorna alla realtà. Se volete la riprova di questa lettura allora dovete leggere l'ultimo libro di Claudio Cerasa Le catene della destra (Rizzoli) con cui il direttore de Il Foglio svolge un'inchiesta impietosa sulla destra italiana, che riguarda la Lega di Matteo Salvini e il partito creato da Giorgia Meloni, giungendo alla fine a questo inatteso ma non imprevedibile approdo: bisognerà «governare i propri follower, e guidarli, oppure farsi dominare da essi, facendosi guidare». Detto in altre parole: il volto del centro-destra sarà moderato o estremista e l'eventuale governo avrà come riferimento la realtà o i follower?

Qualche tempo fa, correva l'anno 2014, Cerasa scrisse un altro libro: Le catene della sinistra. Anche in quel caso le critiche erano taglienti e il giornalista scriveva che «la sinistra non sarà mai adatta a guidare il Paese fino a che non prenderà le cesoie e spezzerà le catene che la rendono prigioniera e che l'hanno trasformata in una forza a difesa della conservazione». Sappiamo come è andata a finire questa storia: la sinistra ha spezzato le catene ma con il risultato di espellere da sé l'unico interprete del riformismo Matteo Renzi e rinchiudersi in una gabbia dorata in cui nel recentissimo passato si è individuato in Giuseppe Conte nientedimeno che il riferimento del progressismo.

Leggendo i due libri di Cerasa si ha la netta impressione che le catene della destra e le catene della sinistra, passando dal populismo al complottismo, dal giustizialismo al socialismo irreale, dall'anti-capitalismo all'anti-americanismo, siano i due volti speculari dell'anti-liberalismo che prosperano con le classiche politiche demagogiche della botte piena e della moglie ubriaca ma che entrano in crisi quando si inizia a raschiare il barile e la moglie è sobria. L'eterno problema della politica italiana è avere una classe politica che tenga ferme le virtù del governo limitato o liberale che sono: economia di mercato, atlantismo, proprietà, guarentigie, diritti e il rifiuto sistematico di creare l'illusione che lo Stato sia la soluzione di tutti i problemi. Oggi la destra italiana è giunta a queste necessarie conclusioni, che altro non sono che lo sviluppo della storia nazionale e continentale, o coltiva ancora ancora vaghe idee di stampo socialista e nazionalista coniugate ora in salsa antieuropea e ora in salsa sovranista? Le catene a cui Cerasa fa riferimento sono queste e sostiene che se la destra si rifugia nel complottismo che nasce, per altro, storicamente a sinistra e lì ha sempre proliferato e lo usa sulla guerra, sulla scienza, sugli immigrati, allora, fa battaglie in difesa della libertà solo per difendere la libertà di essere estremisti. Un'impostura.

È questo il ritratto realistico della destra italiana oggi? Oppure è una caricatura? Giorgia Meloni la cui storia è una sorta di eterogenesi dei Fini dal momento che rischia di riuscire in ciò che non riuscì a Gianfranco Fini sembra che stia facendo i conti non con il passato, che in questo caso non significa molto, ma con la realtà: ha sposato in pieno l'atlantismo, difende i conti pubblici, allontana da sé l'antieuropeismo. L'incontro tra queste posizioni e la tradizione liberale che Forza Italia rappresenta e deve rafforzare potrebbe essere la fine della stagione populista o demagogica.

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