Ma com'è fantastica la fantascienza italiana!

Un genere che (anche oggi) offre esiti narrativi importanti

Luca GallesiUno dei migliori romanzi del 2015, a detta quasi unanime della critica, è Le cose semplici (Bompiani) di Luca Doninelli, un ponderoso romanzo ambientato in un futuro post-apocalittico, neanche tanto lontano, dove a Milano tribù antropofaghe si scontrano in mezzo a cumuli di macerie, mentre a Roma il clero è diventato una banda feroce che domina sulla città eterna. Nonostante l'argomento trattato, ben pochi si sono però azzardati a definire Le cose semplici un'opera di fantascienza. Lo stesso, negli anni passati, è accaduto ad altri importanti scrittori come Sebastiano Vassalli, autore di 3012, o a Tullio Avoledo, con L'elenco telefonico di Atlantide, e, se vogliamo ricordare autori ormai classici, possiamo citare l'Orfeo in Paradiso di Luigi Santucci, tutte le opere principali di Italo Calvino, e poi Dino Buzzati, Primo Levi, Aldo Palazzeschi (addirittura ripreso e pubblicato da Urania!), Guido Morselli, Corrado Alvaro, Ennio Flaiano e tanti altri ancora. Ciononostante, chi osasse considerare questi scrittori come autori di fantascienza incorrerebbe nel reato di lesa maestà: è infatti severamente proibito accostare i mostri sacri della letteratura al genere definito «fantascemenza» da Mike Bongiorno e bollato da Giorgio Manganelli come «infimo, infantile fracassone e demente».A capire le ragioni di questa discriminazione ci viene in aiuto Giulia Iannuzzi, col suo Distopie, viaggi spaziali, allucinazioni (Mimesis, pagg. 364, euro 28): una ricostruzione dettagliata e puntuale della fantascienza italiana contemporanea, che conclude il discorso iniziato l'anno scorso con un altro volume, Fantascienza italiana, offrendoci così una guida completa e dettagliata a un genere ingiustamente considerato di serie B. Giulia Iannuzzi dimostra che, sin dagli esordi negli anni '60, molti autori nostrani di fantascienza, che generalmente vengono dal fandom, ossia dal circuito di appassionati, non hanno nulla da invidiare ai narratori classici, se non la notorietà presso il grande pubblico. Dopo aver ricostruito le vicende di editori e pubblicazioni anche amatoriali, sono qui approfonditi alcuni tra gli scrittori più rappresentativi: Gilda Musa, Inìsero Cremaschi, Lino Aldani, Vittorio Curtoni e Vittorio Catani, autori che potrebbero benissimo figurare nelle antologie scolastiche per solidità narrativa e stile.

Purtroppo, al provincialismo e all'esterofilia che affliggono da sempre i nostri intellettuali si aggiunge la condanna delle due scuole critiche egemoni, quella crociana e quella marxista: la prima perché la fantascienza è un genere troppo popolare e privo di radici, mentre per i marxisti, oltre a essere un prodotto dell'odiato nemico americano, la fantascienza distrae la massa dagli obiettivi rivoluzionari, come insegna il realismo socialista, modello estetico frettolosamente rimosso, che però ha ostacolato per decenni l'esercizio di una critica serena e non ideologica. La Iannuzzi dimostra che quell'epoca è definitivamente tramontata.

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