Ci sono giornalisti e giornalisti. «Ci sono quelli che danno le notizie per fare un servizio alla comunità. E quelli che sfruttano le notizie, per servire solo il proprio ego». Alla prima categoria appartiene Antonio Nicastro; e per questo personaggio Claudio Santamaria prova un entusiasmo contagioso, insolito anche in un attore che - come il quarantesettenne interprete di Lo chiamavano Jeeg Robot e Gli anni più belli - cerca di aderire il più possibile alle ragioni delle sue interpretazioni. «Il fatto è che stavolta mi sono sentito coinvolto non solo come attore confida - ma anche come cittadino». Ispirato ad giornalista autentico (Vittorio Nisticò, direttore dal '54 al '75 de l'Ora, quotidiano palermitano di area comunista), Nicastro è protagonista de L'Ora Inchiostro contro piombo: racconto in cinque serate, da oggi su Canale 5, tratto da un libro di Giuseppe Sottile e diretto da Piero Messina, della pionieristica lotta antimafia condotta negli anni Cinquanta dal giornale siciliano.
Un ruolo che sembra avere un significato speciale, per lei.
«Il problema della lotta alla mafia dovrebbe essere costantemente presente, nella nostra vita sociale. Invece ogni tanto, e solo per raccogliere voti, la politica sposta altrove l'attenzione pubblica: quel problema sparisce all'improvviso, come non esistesse più. Esiste sempre, invece, e approfitta proprio di queste dimenticanze per rafforzarsi. Nel suo piccolo, credo che questa serie possa contribuire a ricordarcelo».
Lei confida nel compito civile del mestiere del giornalista?
«Oggi più che mai. Oggi che sui social dilagano l'insulto programmato, la falsità metodica, l'odio compulsivo, e che il valore di una notizia (o presunta tale) si misura solo in base ai like che colleziona, la ricerca della notizia autentica, della verità vera, diventa indispensabile. E chi, se non un giornalista, può inseguire la verità, accendere la coscienza di una comunità, stimolare al miglioramento un governo?».
Che tipo di giornalista è il suo personaggio?
«Un imprescindibile. Così almeno l'avrebbe definito Bertolt Brecht: Ci sono uomini che lottano un giorno ha scritto - e sono bravi. Altri che lottano un anno, e sono molto bravi. Poi ci sono quelli che lottano tutta una vita. Sono gli imprescindibili». Antonio Nicastro è uno che non fa accordi; non ha riguardi per gli amici degli amici; va dritto al punto. Questo lo rende umanamente scontroso, certo, talvolta perfino sgradevole. Ma è inevitabile, per uno che vive totalmente immerso in un mestiere duro, in una terra dura».
A parte i legami familiari (lei è sposato con la giornalista Francesca Barra), e i contatti avuti per la fiction con l'autore del libro Giuseppe Sottile e lo sceneggiatore Claudio Fava (figlio del giornalista Pippo, ucciso dalla mafia nell'84) che esperienza personale ha lei, dei giornalisti?
«Ho un grande rispetto per quelli che riportano le cose come sono davvero, tanto più se scomode, magari da piccole testate senza appoggi, come Davide contro Golia. L'inchiostro contro il piombo, come recita il nostro sottotitolo. Mentre non ne ho affatto per quelli che sfruttano il proprio potere per colpire gli altri, per appagare il proprio ego, per allargare la propria influenza. Questo è un giornalismo degradato, malato».
Tuttavia la rappresentazione cinematografica del giornalista coraggioso è spesso anche parecchio retorica.
«Vero. Poi però ci sono i giornalisti che coraggiosi lo sono sul serio, anche se il grande pubblico non ne sa nulla. Un po' come quei magistrati che, nonostante vivano sotto scorta, vengono accusati di volersi fare solo della pubblicità. Queste cose mi fanno star male. Non sopporto chi divinizza le persone solo dopo che sono morte».
Una curiosità su tutt'altro argomento. Che fine ha fatto il suo talento nel canto, inaspettatamente rivelato dalla serie su Rino Gaetano?
«Ha dato origine a molti concerti su musiche, oltre che di Gateno, anche di Tenco, De Andrè, Ciampi.
Ora però sto pensando a qualcosa di più grosso e più complesso: un vero e proprio spettacolo musicale, in cui mettermi maggiormente alla prova. Perché il mestiere dell'attore è anche semplice intrattenimento. Ci penso da molto. Forse troppo, se mia moglie scherza dicendo che, avanti così, mi deciderò alle soglie della terza età!».
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