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Demo, la «POPcellana» di gusto

Alla Triennale di Milano le piccole sculture di Francesco De Molfetta

Emanuele Beluffi

«Porcellana, non ceramica», puntualizza Demo, al secolo Francesco De Molfetta, mentre osserviamo una serie di opere scelte della sua recentissima produzione d'arte esposte alla Triennale di Milano: piccole sculture in porcellana di gran fattura, con oro vero e colorazioni organiche, realizzate «alla maniera Capodimonte» secondo una tecnica di lavorazione rimasta invariata dal '700. «POPcellana» è il titolo della mostra curata da Angelo Crespi, primo di una serie di appuntamenti nel Palazzo delle Arti col fine di presentare il lavoro di giovani artisti che reinterpretano in chiave modernalla tradizione («Materialmente» è il titolo del ciclo espositivo). Con De Molfetta a farla da padrona è quella che il filosofo Immanuel Kant chiamava «la lordura dell'esperienza», cioè il sapere e il saper fare, che sono le cose che vengono richieste nella vita come nell'arte. Con uno sguardo sulla contemporaneità: gli ironici slittamenti semantici dei titoli delle opere sono la cartina tornasole della nostra condition humaine di dipendenti di una società molto particolare, la società contemporanea di chi butta via uno stipendio per comprarsi l'ultimo i-Phone e fa largo uso degli straordinari mezzi di comunicazioni ma non sa più comunicare. Esempi? Una scultura De Molfetta d.o.c. di due putti neobarocchi intenti a conversare al cellulare ma senza esser in grado di comunicare «umanamente» e intitolata «Porcelai-phone».

Oppure una porcellana dal titolo «Ti mette le ali», dove la stessa tipologia di puttini trasfigura lo slogan del brand Redbull in un'opera d'arte sacra: l'opera di De Molfetta sacralizza e dis-sacra: tu chiamala «critica delle armi di distrAzione di massa», se vuoi.

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