Lui si presentò così, da sopravvissuto a quattro anni di guerra sul Fronte occidentale: «Sono vivo, dunque, abbastanza in salute e da un certo tempo sono solo. Mi piace Mozart, mi piacciono i cavalli Trakehner e i romanzi western. Tutto questo sembra abbastanza accettabile? Bene! Purtroppo a parte questo sono anche... in bancarotta!». Tre mesi dopo, nello stesso caffè di Monaco, la supplicò: «Vi prego, sposatemi. So di essere un modello superato e non posso promettervi niente, né agiatezza, né sicurezza, né patria. Neppure una casa». Al che, a lei, sfuggì quello che era già un sì: «Quella ce la potreste costruire?». Altri tre mesi dopo, Ise Frank sposò Walter Gropius, e divenne ufficialmente «la signora Bauhaus». Testimoni di nozze, Paul Klee e Vasilij Kandinskij. La casa, in realtà, l'avrebbe costruita lei.
Ise Frank aveva incontrato Walter Gropius il 28 maggio del 1923, durante una conferenza all'Università tecnica di Hannover. Aveva 26 anni, era bella, lavorava in una libreria prestigiosa di Monaco e, a volte, scriveva recensioni per la rivista della casa editrice. Non si interessava di architettura, ma la sua amica Lise sì, ed era stata lei a trascinarla ad ascoltare Gropius, come poi Ise avrebbe chiamato suo marito, questo professore senza laurea eppure inventore di una «nuova architettura», i cui principi si mettevano in pratica, proprio in quegli anni, in una scuola sperimentale a Weimar, di cui era direttore, e dove insegnavano Paul Klee, Johannes Itten, Oskar Schlemmer, Vasilij Kandinskij... In che cosa consisteva il Bauhaus, qual era la sua novità? Quel giorno ad Hannover, di fronte a un pubblico di studenti entusiasti e di colleghi antiquati, esponenti del baronato universitario conservatore e della «presuntuosa architettura da salotto» che lui combatteva, Gropius spiegò che la parola «Bau», costruzione, comprendeva varie fasi: «cantiere, sperimentazione, progetto, architettura e ingegneria»; a inglobare il tutto c'erano però le risorse materiali, ovvero gli ambiti di insegnamento della sua scuola, «argilla, pietra, legno, metallo, vetro, colore, tessuti».
Ise Frank, figlia dell'alta borghesia berlinese (come Gropius, del resto), con argilla, vetro, arte per il popolo, tecnologie innovative e gilde di artigiani c'entrava pochissimo; eppure quell'uomo, con i suoi «occhi da volpe» e la fama di donnaiolo (si era già separato da due mogli, una delle quali era Alma Mahler) riuscì a farle rivoluzionare la sua esistenza da un giorno all'altro, per dedicarsi con ogni energia e tutto il suo talento alla causa del Bauhaus, o meglio, a quell'idea che ancora in divenire, ma che, grazie anche al suo impegno, si sarebbe tramutata in realtà. Case vere. Oggetti di design. Vetri speciali per costruire edifici trasparenti... «Qui tutti mi chiamano Signora Bauhaus» scrisse divertita al futuro marito, mentre girava la Renania per un tour di conferenze per promuovere la «nuova architettura»; e La signora Bauhaus (Neri Pozza, pagg. 302, euro 18) si intitola la biografia che le ha dedicato Jana Revedin, professore di architettura e urbanistica all'École spéciale d'architecture di Parigi, un «romanzo del Bauhaus», fra eccessi da guru, scoperte geniali, tradimenti, ideologie, soldi (che mancano), drammi personali e venti della Storia. Revedin si è imbattuta nella figura di Ise Frank leggendo il saggio di Bruno Taut La nuova abitazione: la donna come creatrice, che nel 1924 suonava davvero pionieristico, poiché si prefiggeva di realizzare la «casa della donna emancipata», fra lavatrici, tostapane, grill, lavapiatti, armadi a muro ma, anche, stanze per leggere, per rilassarsi, per scrivere (sacrilegio: perfino negli Stati Uniti, dove i coniugi Gropius fuggirono nel '37, Ise si vide rifiutare un articolo in quanto donna e le toccò, da allora, far firmare pezzi e conferenze al marito, che gliele dedicava puntualmente). E fu proprio Ise a progettare, insieme ai colleghi del marito, e poi ad abitare, la prima di queste case, a Dessau, dove era riuscita a ottenere fondi per la scuola del Bauhaus, il riconoscimento dei titoli di studio per studenti e professori e dove fu costruito il «quartiere Bauhaus», al quale Ise dedicò l'articolo Comporre secondo i processi della vita. Era Ise a occuparsi dei problemi materiali, economici e, man mano, sempre più politici che soffocavano l'«idea» di Gropius; era stata lei a trovare una nuova sede per la scuola e a tenere insieme, nella sua «casa del direttore», le personalità assai singolari che la animavano; ed era stata lei, fin dall'inizio, a promuovere la «nuova architettura» con i suoi articoli.
Il Bauhaus era diventato la sua «missione di vita» e lo rimase, anche quando il partito nazista lo cancellò, e i suoi esponenti furono costretti a fuggire. Insieme a Gropius e Herbert Bayer, Ise curò Bauhaus 1919-1928 al MoMa di New York: era la fine del 1938, e fu definita «la mostra più straordinaria mai vista finora».
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