Eroismo e umiliazione. L'uomo secondo Coetzee

Da Emma Bovary a Lady Roxana a Beckett: i limiti della morale ci rendono ciò che siamo

Eroismo e umiliazione. L'uomo secondo Coetzee

C'è un passaggio, in Vergogna, in cui il protagonista del romanzo del Premio Nobel sudafricano J.M. Coetzee, il professor David Lurie, dopo aver fatto sesso con una donna a pagamento, una donna che incontra una volta alla settimana, tornando a casa, evoca il capolavoro di Flaubert. «Gli viene in mente Emma Bovary, che ritorna a casa sazia, con lo sguardo appannato, dopo un pomeriggio di scopate selvagge. Questa dunque è la felicità! - esclama Emma guardandosi meravigliata allo specchio. - Questa dunque è la felicità di cui parlano i poeti!».

Mi è tornato in mente questo brano mentre leggevo i Saggi 2006-2017 appena proposti da Einaudi (pagg. 212, euro 25, traduzione di Maria Baiocchi e Paola Splendore). Uno di questi scritti sulla letteratura Coetzee lo dedica proprio a Madame Bovary. «C'è qualcosa di eroico nella tenacia con cui afferma il proprio diritto al desiderio di fronte all'ipocrita disapprovazione della società; e qualcosa di eroico c'è anche nel suo preferire la morte all'umiliazione». Questa riflessione sul romanzo di Flaubert sintetizza la storia umana del protagonista di Vergogna. Potremmo aggiungere che Coetzee interpreta l'eroismo come l'accettazione della propria dimensione umana, che non si piega alle ipocrisie di una società perbenista che vorrebbe giudicarla, umiliarla, condannarla. Solo che poi, quando è lo stesso David Lurie a dover comprendere la reazione di sua figlia allo stupro subito, è lui a non capire, a non accettare che esistano altre forme di eroismo, forse meno esibito, più enigmatico, altre dimensioni in cui l'umanità accoglie l'umiliazione.

Eroismo e umiliazione, dunque. Se leggessimo i Saggi di Coetzee in questa chiave ci accorgeremmo a cosa è rivolto il suo interesse di lettore e interprete. È chiaro che si tratta di una raccolta di scritti - recensioni per settimanali e introduzioni a classici della letteratura lungo l'arco di un decennio -, quindi di saggi d'occasione e non di un lavoro critico organico. Ma probabilmente è proprio l'occasionalità a offrire una possibilità di lettura. Potremmo ad esempio trascrivere due riflessioni tratte da due diversi saggi. La prima dedicata a Roxana di Daniel Defoe: «Si può essere costretti a fare ciò che si vuole fare ma non convinti a farlo se veramente non si vuole. Nella sostanza così risponde Aristotele all'interrogativo su come mai a volte agiamo contro i nostri interessi: lo facciamo perché non sappiamo quel che è meglio per noi in modo pienamente consapevole». La seconda è dedicata invece a Nemesi di Philip Roth: «Bucky rappresenta dunque un caso esemplare di debolezza o incapacità della volontà, un fenomeno morale/psicologico, che ha interessato i filosofi fin dai tempi di Socrate. Come è possibile agire consapevolmente contro il proprio interesse? Siamo davvero, come ci piace pensare, esseri razionali oppure le nostre decisioni sono dettate da forze più primitive, che vengono semplicemente razionalizzate dalla nostra ragione?».

La questione dell'eroismo e dell'umiliazione hanno una connotazione, per Coetzee, di carattere morale. O meglio, la morale, sembra continuamente suggerire, non è in grado di giustificare le nostre azioni, non dà ragione dei nostri comportamenti e delle nostre scelte, non è capace di spiegare i nostri desideri più reconditi. Eroica è quindi la condizione stessa dell'essere umano che, per quanto si impegni a dare un ordine alle cose, è costretto dalla vita ad accettare anche ciò che lo emargina dal pensiero comune, dalla comune moralità, infine umiliandolo. E a ben vedere è ciò che Coetzee riconosce in Hölderlin, in Walser, nell'Ivan Il'ic tolstojano, nella protagonista della Lettera scarlatta di Hawthorne. E ancora, e forse su tutti, per il grado di attenzione che gli dedica, in Samuel Beckett, a cui sono dedicate le pagine più intense del libro.

È lui che mette in discussione, con la sua opera, la ragione stessa, individuata in quel «metodo cartesiano» che ha condizionato tutto il pensiero occidentale («Condurre i miei pensieri in un ordine tale che, cominciando con oggetti semplici e facili da conoscere, potessi salire poco alla volta, e come per gradini, alla conoscenza di oggetti più complessi»).

Un metodo che, per quanto ci si sforzi di applicarlo alla lettera, non potrà mai dare ragione all'inconoscibile da cui ogni cosa deriva: i nostri comportamenti, i nostri pensieri più vertiginosi, i nostri oscuri desideri - il fondo misterioso della nostra vita.

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