Un mese fa aveva esortato la Rai a dare maggiore spazio alla cultura in questo periodo di clausura, a programmare grandi film, concerti, opere letterarie. Un invito partito dalle colonne del Giornale e subito sottoscritto da altri intellettuali ed esponenti del mondo dello spettacolo. Ora la tv di Stato chiama lui, in prima persona, a occuparsene. Solo per un giorno, ma è un gesto significativo. Pupi Avati, per l'iniziativa Domenica con, dopodomani sarà direttore del canale Rai Storia. Sue le scelte dei programmi in onda (selezionati negli archivi delle Teche e di Rai Cultura) dalle 9 del mattino alle 24, suoi i commenti e le presentazioni. Per il regista di Regalo di Natale, che oltre al cinema ha attraversato la storia della televisione, dirigendo tanti sceneggiati e fiction, è stato come tuffarsi nel mondo dei balocchi. E ha disegnato un palinsesto che rispecchia le sue passioni ma anche momenti della vita che si sono intrecciati con i grandi nomi del cinema e della musica.
Avati, insomma, il suo appello ha colpito nel segno...
«Sono molto contento della possibilità che mi è stata data. E ho constatato che ci sono funzionari ed autori preparatissimi, peccato che ragioni burocratiche e di diritti ci abbiamo costretto a rinunciare ad alcune proposte. Ma l'importante è che mi sia stata data l'opportunità di mostrare agli spettatori la differenza tra la tv di oggi e quella del passato».
Un confronto da brividi...
«Infatti. In questi giorni siamo frastornati dal cicaleccio dei talk: ogni giorno a qualsiasi ora ci sono sempre gli stessi volti, che girano da un programma all'altro a sproloquiare, spesso parlando di cose che non sanno o contraddicendosi a vicenda. Mentre io faccio vedere, per esempio, una puntata di Blitz di Gianni Minà che a Cinecittà incontra Sergio Leone sul set di C'era una volta in America e, nello studio a fianco, Federico Fellini sul set di E la nave va».
Ma le pare che, dopo la sua sortita, la tv di Stato abbia cambiato qualcosa nella programmazione?
«Mi pare proprio di sì. Vedo un atteggiamento diverso. Il solo fatto che abbiano chiamato persone come me per costruire un palinsesto mi sembra un segno di grande apertura. Mandare in onda Alberto Angela in prima serata su Raiuno, per esempio, è una scelta coraggiosa».
Il presidente della tv pubblica Marcello Foa le aveva risposto che la Rai sta già facendo molto e che bisogna conciliare le istanze culturali con quelle dell'intrattenimento.
«Foa è una persona attenta che deve tener conto dei limiti dell'azienda e del nostro Paese. La tv è stata distrutta dal meccanismo degli ascolti, l'Auditel è stato il virus del piccolo schermo perché, per rincorrere i numeri cari alla pubblicità, ha abbassato la qualità dei programmi».
Difficile tornare indietro. Cosa proporrebbe oggi?
«Una rete generalista, Raitre, di puro servizio pubblico, svincolata dall'Auditel e dalla pubblicità. Penso che il pubblico sia maturo per accettarlo».
Intanto domenica cosa ci farà vedere su Rai Storia?
«Programmi che mi hanno appassionato, mi hanno coinvolto e omaggi risarcitori. Per esempio, una puntata del Musichiere con ospite Louis Armstrong da cui era stata esclusa la jazz band bolognese di cui io facevo parte allora, ferita che mi fa male ancora oggi. Oppure il leggendario sketch del Sarchiapone che mostra la grandezza di Walter Chiari, attore per alcuni versi sottovalutato: 18 minuti ininterrotti. O un filmato antologico su Massimo Troisi, altro grande artista non sempre compreso. Di jazz, la mia altra grande passione, ce ne sarà tanto. E parleremo anche di Lucio Dalla, cui devo l'abbandono della mia carriera musicale: lui era troppo più bravo di me».
Racconta anche episodi bizzarri...
«A chiusura della giornata ricordo quando mi trovai a cena, invitato dal regista Mario Lanfranchi, con una signora affascinante dallo sguardo misterioso, che era stata muta per tutta la serata: a un certo punto capii che si trattava della contessa Pia Bellentani, protagonista del famoso omicidio dell'amante a Villa D'Este sul lago di Como nel 1948...»
Ci sarà spazio per il Medioevo, con Dante. A che punto è il suo film sul Poeta che cerca di realizzare da 18 anni?
«Con Cronache dal Medioevo si vedrà la ricostruzione della battaglia di Campaldino del 1289, alla quale partecipò anche Dante e che lo segnò profondamente. Per il mio film mi sembra che siamo a buon punto: ho aspettato tanto, in Rai hanno raccontato qualsiasi personaggio tranne Dante e ora pare siano decisi. Dovrà essere pronto per settembre 2021, ricorrenza dei 700 anni dalla morte.
E, in attesa di decidere chi farà Dante nelle varie età, pensiamo di affidare la parte di Boccaccio, primo biografo del Poeta, che nel film ne racconta la vita, a un attore internazionale in modo da coinvolgere un produttore americano».
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