Dunque ci siamo. Nella notte tra domenica e lunedì sapremo chi ha vinto questi benedetti Oscar. Un rito seguito con interesse, forse non proprio spasmodico, più dagli appassionati del gossip che dai frequentatori dei cinema. Insomma, un po' come succede per Sanremo, dove la facezie della Littizzetto e i sorrisini di Fazio valgono ormai più delle canzoni. Per ora ci sono soltanto le nomination, che in italiano sarebbero le candidature, anche se nessuno osa chiamarle più così da tempo immemorabile. Vediamole più da vicino, senza azzardare pronostici, buoni solo per fare brutte figure.
CONDUTTRICE
La serata, nottata in Italia, sarà presentata per la seconda volta da Ellen DeGeneres, attrice né particolarmente bella, né strepitosamente brava, per la verità poco nota in Italia, almeno dal lato artistico. A pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca, come diceva quell'illustre tale. La bionda, elegante e stagionata signora potrebbe essere stata quindi scelta soprattutto per le sue chiacchierate inclinazioni sessuali, visto che, dopo svariate fidanzate, da quattro anni è sposata con una collega, ancora meno nota di lei, ma, molto più giovane, e, a guardar le foto, assai più carina, l'australiana Portia De Rossi. Cavoli suoi, ovviamente. Nel 2007 se la cavò bene sul palco dell'Academy. Nulla vieta che si ripeta.
SUPERCANDIDATI
I film che il 16 gennaio hanno ricevuto più nomination sono, con dieci a testa (doppia esagerazione), American Hustle - L'apparenza inganna e Gravity. Mah. Sicuramente meglio il primo, una complicata, ma avvincente storia di truffatori nella New York degli anni Settanta, in corsa per tutte le sezioni principali (film, regia, i due attori protagonisti e i due non protagonisti, sceneggiatura originale, montaggio, scenografia e costumi): soltanto gli ultimi due davvero meritati. Gravity invece è un kolossal di fantascienza, di una noia, per così dire siderale, dato che si svolge interamente nello spazio. Con la coppia formata da George Clooney e Sandra Bullock, nascosta per un'ora e mezzo negli scafandri. I due, per quanto vede lo spettatore, potrebbero essere Totò e Peppino, eppure la Bullock è in corsa per il premio alla migliore attrice. Roba da pazzi, anche considerando la nomination alla martellante colonna sonora.
MIGLIOR FILM
Da qualche anno le nomination per la categoria più prestigiosa sono nove, e non più cinque, come per tutte le altre, tanto per fare ammuina. Il pubblico italiano ne ha già visti otto, gli manca Her (Lei), che da noi uscirà a marzo inoltrato, e, stando al verdetto del botteghino, ha indiscutibilmente scelto The Wolf of Wall Street. Se l'Oscar valesse esclusivamente per il turpiloquio, con i suoi vaf e affini, in media uno ogni venti secondi, spalmati su tre ore, non ci sarebbe gara, ma poiché si tratta del film migliore qualche dubbio è lecito. Per la cronaca sono in gara anche 12 anni schiavo, Captain Phillips - Attacco in mare aperto, Dallas Buyers Club, Nebraska e Philomena. Qualcuno ottimo, qualche altro buono, un paio così e così. E cinque di questi riempiono anche tutte le caselle per la miglior regia.
MIGLIORI PROTAGONISTI
Tra gli uomini spicca Leonardino DiCaprio, sia per la sua isterica performance di The Wolf of wall Street, sia perché insegue l'Oscar da quand'era nella culla. Alla vigilia dei quarant'anni è alla quinta nomination, forse quella buona. Dei quattro concorrenti, il più ostico è Matthew McConaughey, dimagrito di venti chili per interpretare lo strafottente, coraggioso cowboy malato di Aids di Dallas Buyers Club. Il collaudato, anche se ancora giovane Christian Bale (American Hustle) e il risorto veterano Bruce Dern (Nebraska) sono inutilmente bravissimi, mentre dello sconosciuto nero Chiwetel Ejiofor (12 anni schiavo) è più semplice ricordare il nome che l'interpretazione. Tra le attrici due spuntano da film non stranominati, l'australiana Cate Blanchett, diretta da Woody Allen in Blue Jasmine e, tanto per cambiare, Meryl Streep, alla candidatura numero diciotto. La quale gigioneggia da par suo in I segreti di Osage County, dove è affetta da un tumore alla bocca, eppure, irresistibile tocco d'umorismo involontario, non tace mai. Le altre, oltre alla Bullock, sono la matura Judi Dench (Philomena) e la seducentissima Amy Adams (American Hustle), Oscar virtuale a spacchi e scollature da infarto, per chi apprezza il genere.
MIGLIOR FILM STRANIERO
La grande bellezza non è un capolavoro, ma è certo al di sopra della media (ahinoi bassotta) del cinema italiano. Sulla carta non c'è partita, perché il film di Paolo Sorrentino, attorno allo sfacelo della Roma, non quella di Totti, bensì della Città Eterna, peraltro raccontato, con ben altra intensità, mezzo secolo prima da Fellini (La dolce vita), dovrà vedersela con pretendenti di cinematografie non di prima schiera: Danimarca, Belgio, Cambogia e Palestina. Gli ultimi tre inediti in Italia. E potrebbero anche restare tali, per l'esclusiva disperazione di qualche topo di cineteca. Se Sorrentino ce la farà, sarà un bel colpo per la nostra immagine.
Anche se, fatti e rifatti gli dovuti scongiuri, c'è da mettersi fin d'ora le mani nei capelli per il rituale discorso di ringraziamento del riccioluto regista. A meno che gli venisse l'auspicabile lampo di genio di parlare nel suo napoletano anziché in inglese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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