Quando i comunisti non erano post. Quando c'era un popolo e la falce e il martello non si discutevano. Quando il capo era, quasi, una divinità. E loro avevano il privilegio di servirlo e di vivere in simbiosi con lui. La scorta di Enrico (Solferino), il nuovo libro di Luca Telese, giornalista e volto della tv, è una sorprendente carrellata di uomini forgiati nell'acciaio di quegli ideali e un pezzo di storia del nostro Paese. Gli anni '70, in particolare, e il decennio successivo fino alla tragedia di Padova e alla morte quasi in diretta di Berlinguer. Eccoli: Alberto Menichelli, Lauro Righi, Dante Franceschini e gli altri, titanici nelle loro convinzioni e battezzati nel sacro crisma di una dedizione sconfinata al capo. Tutto questo è chiaro sin dalla chiamata che per ciascuno è ragione di un orgoglio indicibile, sulla strada di Botteghe Oscure, il sacro tempio del partito. Torquato Otto Grassi, da Santa Croce di Carpi, viene convocato in casa di ex partigiani dopo la tragedia di Moro. Valerio Mossetti, il padre di un suo amico, non perde tempo e in una cornice di religioso silenzio gli dice: «Dopo quello che è accaduto con Moro, il partito ha bisogno di persone come te a Roma, ma questa è la metà di quello che ti posso dire. Solo se accetti ti possiamo dire l'altra metà». Otto, questo è il soprannome in paese, ubbidisce e Mossetti rilancia: «Andrai a Roma, alla sede nazionale del partito. Ti aspettano. C'è bisogno di rafforzare la vigilanza. Adesso che sai tutto, non dire una parola a nessuno».
È il 9 maggio 1978 e Otto non si confida neppure con il padre e la madre. Il 1 giugno sale sul treno e trova un compagno che non conosce, Alberto Marani. «Nessuno di noi due sa cosa stiamo andando a fare».Solo silenzio, segretezza e i rituali imperscrutabili della nomenklatura rossa. Ma la fiducia è incrollabile. All'arrivo, finalmente, la coppia muta scopre di essere stata scelta per proteggere il segretario, Enrico Berlinguer. Da capogiro.
Quando gli spiegano che cosa farà, Marani, che arriva da Fossoli, quasi non riesce a crederci. «Sto per svenire e anche Otto è commosso». Sconvolto, ma ligio alla consegna ricevuta. Il papà è addirittura convinto che sia entrato nelle Brigate rosse e manda la figlia in avanscoperta nella capitale. Lei scopre la verità e riferisce a casa con tre parole: «Tutto a posto». Racconti che oggi, nella frammentazione e fluttuazione generali, paiono lunari ma che valgono una pila di saggi. E spiegano che cosa volesse dire allora, quarant'anni fa, appartenere alla chiesa rossa che pure stava strappando dalla casa madre di Mosca.
Fra aneddoti e biografie, Telese ricostruisce le parabole di quei personaggi. Anonimi ma immersi in una storia di impressionante spessore, pure se viziata dal peccato originale di un'ideologia che ha provocato disastri inenarrabili. Così, oggi, oggi che la società è spappolata e balbetta sul da farsi, guardiamo con stupore e profondo rispetto all'epopea di quella gente che si era formata nell' antifascismo ai tempi del consenso di massa al Duce, aveva dato vita alla Resistenza e aveva dato forma ai sogni con l'effimera ma tenace repubblica di Montefiorino. E poi nel Dopoguerra aveva ripreso con pazienza il filo del cambiamento e, anzi, dell' egemonia di matrice gramsciana.
Insomma, accanto ai leader - da Terracini a Togliatti e Di Vittorio - ci sono anche loro. Le comparse che per un paio di generazioni hanno pensato di marciare al passo della grande storia. Quegli autisti tuttofare e guardie del corpo, parte di un apparato e di una rete militante dalla forza d'urto senza pari.
Quando nel gennaio 1967, in piena notte, una bomba squarcia un muro del Bottegone, Menichelli si attacca al telefono. In mezz'ora accorrono almeno mille persone, pronte a dare battaglia per fermare gli ipotetici aggressori. «Il tam tam di radio Botteghe Oscure - conclude Telese - è una macchina inesorabile».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.