Lady D. principessa reclusa in una torre di solitudine

"Spencer" condensa in tre giorni l'intimo dramma di una donna sola. Che sperava solo in un miracolo

Lady D. principessa reclusa in una torre di solitudine

Venezia. «Una favola tratta da una tragedia vera». Inizia così l'atteso nuovo film del cileno Pablo Larraín che, dopo aver raccontato in Jackie (presentato cinque anni fa in concorso sempre qui al Lido) la figura della first lady d'America, Jacqueline Kennedy, ora in Spencer s'immagina i giorni immediatamente precedenti la decisione di Lady Diana di divorziare.

È la vigilia di Natale del 1991 e la famiglia reale si riunisce nella residenza di campagna di Sandringham House, nel Norfolk. La prima sequenza vede Lady D., interpretata in maniera molto personale dalla statunitense Kirsten Stewart, guidare la sua Porsche per le campagne inglesi e fermarsi a una stazioncina di servizio per chiedere agli increduli avventori del bar: «Dove mi trovo?». A Palazzo la servitù mormora che «lui è in anticipo mentre lei in ritardo», come a profetizzare la divisione imminente con il Principe Carlo. Naturalmente la sceneggiatura scritta da Steven Knight, a sua volta regista dello splendido Locke e autore della serie di successo Peaky Blinders, nell'immaginare ciò che accade tra le mura di una dimora regale lavora per metafore - forse un po' forzata quella con Lady D./Anna Bolena - e per proposte immaginifiche, tanto che «lo spazio fisico della casa - spiega il regista - rispecchia quello di una struttura molto più grande con la sua rigida organizzazione che fa sì che Diana si senta intrappolata nelle ruote della tradizione».

Ma è la corsa in auto a presentarci un personaggio la cui instabilità emotiva ed esistenziale si manifesterà per tutti i tre giorni in cui il film è ambientato: «Trovavo interessante - racconta Larraín - vedere che cosa può succedere a una persona durante una crisi perché è in quel frangente che possiamo conoscerla molto bene. Il personaggio di Lady Diana nel film inizia come spezzato, poi diventa un fantasma e poi sparisce». E, a proposito della frase in esergo, spiega: «Abbiamo cercato di dare una struttura da fiaba, come quelle che raccontiamo ai nostri figli prima di metterli a dormire, anche se poi cresciamo e sappiamo che non esistono. Qui abbiamo una principessa che si è accorta che non vuole essere una regina ma solo se stessa».

La Principessa Diana ci viene presentata come una persona che non riesce più a stare ingabbiata in un mondo organizzato «in cui tutto è come già successo» perché il futuro non esiste, essendo imprevedibile e non regolabile, ma ci sono solo il passato e il presente, tanto che i regali di Natale ai principini William e Harry tocca scartarli la vigilia e non il giorno di Natale, come tutti gli altri. Diana è riottosa a seguire la scansione degli abiti già scelti per tutti i momenti delle varie giornate e li scombina anche in reazione alla figura del Maggiore Alistair Gregory (un magistrale Timothy Spall) che la Regina Madre ha scelto per controllarla. Non riesce a sedersi a tavola in tempo come tutti gli altri, ha un rapporto difficile con il cibo che rigetta dopo i pasti, non parla con il Principe Carlo ma solo con i due figli con i quali ha un rapporto molto profondo, sottolineato in una delle sequenze più belle del film in cui i due giocano con la mamma. Lei li protegge, allontanandoli ad esempio dalla battuta di caccia sotto lo sguardo severo della Regina Elisabetta che, dall'espressione che fa ogni volta che la incrocia, sembra avere di fronte più un alieno che una nuora.

Tutto questo sostenuto da una fotografia slavata d'epoca e da un ritmo interno al film accordato sulla splendida partitura jazzistica di Jonny Greenwood che sottolinea il vero e proprio tour de force interpretativo di Kirsten Stewart, molto attenta a lavorare sulle emozioni più profonde di una donna, prima che una principessa. «Il film - dice - non ci offre informazioni nuove, ma immagina i suoi sentimenti senza però rubare nulla al personaggio. La mia impressione è che Diana fosse una persona molto brillante e con un grande fuoco dentro. Cercava disperatamente un collegamento con le altre persone, ma invece era isolata e sola».

Questo tentativo quasi disperato, anche solo di parlare con qualcuno, è ben raccontato nella storia parallela con la sua dama di compagnia Maggie, interpretata da Sally Hawkins, grazie alla quale trova la forza di prendere la decisione finale, nella speranza che si avveri un futuro miracolo cantato a squarciagola con i figli in macchina sulle note di All

I Need Is A Miracle dei Mike + The Mechanics. Ma le favole, ne abbiamo avuto conferma una notte d'estate di 24 anni fa sotto il tunnel del Pont de l'Alma a Parigi dove Diana Frances Spencer ha perso la vita, non esistono.

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