L'arte più "vera"? È quella che inganna

Una mostra sulle illusioni create da pittori, grafici, scultori e fotografi... Dal Medioevo all'optical art

L'arte più "vera"? È quella che inganna

Come si fa a mettere in scena il gioco più serio e più spiazzante dell'arte, quello fatto di illusioni, false prospettive, inganni della percezione, trompe-l'oeil, deformazioni, «spazi finti», trabocchetti ottici, optical e danze di specchi, un mondo che inducendoci all'errore ci svela altre verità?

Si sceglie una città che conosca la materia, fra arte e scienza; e Padova è perfetta: la città di Galileo e la sua Università, che compie 800 anni, hanno una straordinaria tradizione di studi e sperimentazioni condotte fin dal 1919 dalla scuola della Psicologia della percezione. E proprio a Padova nacque e lavorò tra il 1960 e il 1966 il «Gruppo N», con artisti come Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi i quali si autodefinivano «operatori visivi» e indagavano scientificamente il mondo della percezione, riferendo le proprie ricerche ai teorici della Gestaltpsychologie, la Psicologia della forma.

Poi ci si affida a un curatore curioso, colto e che si diverte a giocare al grande gioco dell'arte, come è Luca Massimo Barbero. Si ringrazia la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che mette sul piatto due milioni e 600mila euro. Ed ecco a voi la grande mostra L'Occhio in gioco. Percezione, impressioni e illusioni nell'arte a Palazzo del Monte di Pietà a Padova (fino al 26 febbraio 2023) che oltrepassa la realtà della visione e sfida lo sguardo dello spettatore (ma qual è la sottile differenza fra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo ma non lo è?) cercando di capire come l'occhio che guarda, cattura, ordina può essere raggirato e ingannato dall'artista. E lo fa con un percorso che alterna dipinti (non poteva non esserci la Bambina che corre sul balcone di Giacomo Balla, 1912), ritratti, dagherrotipi e fotografie, pre-cinema, sculture (ecco qua il bronzo di Renato Bertelli Profilo continuo, 1933), miniature, installazioni, «macchine inutili» (ma quanto è moderno Bruno Munari?), caleidoscopi magici, sfere armillari, i Rotoreliefs di Marcel Duchamp (sono bellissimi e poco visti), costruzioni Bauhaus, studi sull'ottica e sulla teoria del colore e pubblicità: come quella dei pneumatici Pirelli - un intreccio/intrigo di linee in bianco e nero che incute velocità - firmata nel 1968 da Pino Tovaglia... E poi ancora tranelli, specchi deformanti e narcisi - che forse i ragazzi non sanno ma sono nati molto prima dei selfie - ragnatele, spirali, oggetti dinamici e cubi ambigui: tutti gli inganni dell'arte.

Forse c'è della verità in questa illusione...

Due interi piani, oltre 400 opere esposte, undici sale più una originalissima mostra nella mostra che approfondisce l'esperienza artistica del «Gruppo N» (a cura di un team di storici dell'arte e di psicologi della percezione dell'Università di Padova, e dove spiccano alcune opere «profetiche» di Alberto Biasi, poi riprese da molti artisti contemporanei, a partire da Olafur Eliasson) più alcune installazioni disseminate per la città (Orto botanico, cortile antico del Bo, Museo di storia della medicina): L'occhio in gioco è la celebrazione dell'Artista come Grande Ingannatore, negromante, alchimista, mago, filosofo e scienziato. Cioè quello che furono Seurat, Kandinsky, Paul Klee, Boccioni, Grazia Varisco e la straordinaria Dadamaino (c'è una stanza tutta per lei e i suoi ipnotici rotoli di acetato cosparsi di segni a china). L'incipit, nella prima teca, è il Tractatus astrarii di Giovanni Dondi dall'Orologio (1330-88), costruttore del celebre orologio astronomico che mostra l'ora, il calendario annuale e il movimento dei pianeti: è l'idea dell'universo a cieli concentrici. L'explicit, nell'ultima sala, è la gigantografia della copertina dell'album Space Oddity di David Bowie, data astrale 1968, in cui il volto del cantante, fotografato da Vernon Dewhurst, è sovrapposto a un'opera del pittore e grafico ungherese Victor Vasarely: un pattern di cerchi blu e viola regolari su fondo verde, emblematico della optical art anni Sessanta... E in mezzo, disseminati per il palazzo del Monte di Pietà, specchi convessi, Switch Eyes, gli enormi coloratissimi cerchi concentrici del pittore argentino Julio Le Parc, che oggi ha 94 anni, cassettiere da cui escono sorprendenti opere grafiche di Gio Ponti e Ettore Sottsass, dinamismi, studi fotografici sulla Human Locomotion, il logo «a losanga» della Renault disegnato da Vasarely e quello della Pura lana vergine by Franco Grignani (1964), anamorfosi, labirinti di linee e i lucidissimi specchi concavi di Anish Kapoor (dovete avvicinarvi e muovervi davanti), oggetti cromocinetici e l'omaggio al quadrato di Josef Albers: «Un quadrato è un quadrato è un quadrato»...

La mostra, non accademica e non cronologica, ricchissima ma non complessa, procede per inciampi, accostamenti, contrasti, sorprese e - appunto - inganni. «Nothing is what it seems». «Nulla è ciò che sembra». E il vero regista del percorso non è più il curatore, ma lo spettatore.

Cose della mostra che ci sembrano notevoli. Le due lamine dipinte di Alexander Calder (Luna gialla del 1966 e Gong rossi gialli e blu del 1951) che pendono dal soffitto a metà percorso. La sala dedicata al mondo visto otticamente, dalla tazzina da caffè all'astronave - l'arte optical conquista la scena - dove svetta una magnifica opera dell'americano Frank Stella. La grande foto lenticolare e fogli d'oro di Luigi Ontani, InSecurity (2005/2007). Due oli degli anni Trenta di Tullio Crali (Uomo e cosmo e I sommersi) e il doppio ritratto del re Federico IV e della regina Louise Mecklenburg-Güstrow di Danimarca, dipinto da Gaspar Antoine de Bois-Clair nel 1692 su listelli di legno montati su tavola: due ritratti visibili indipendentemente l'uno dall'altro, sulla stessa immagine, a seconda dell'angolo di visuale. Il primo esempio storico di un dipinto in cui coesistono due immagini.

La mostra parte dall'iride e arriva al cuore svelando tutte le potenzialità e i miraggi - che a volte si chiamano sogni, altre incubi - dello

sguardo umano e della percezione. I cui inganni, in realtà, hanno uno straordinario vantaggio. Ci aiutano a uscire dalla gabbia rassicurante e illusoria del «già visto». La seduzione dell'occhio, la seduzione dell'arte...

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