da Courmayeur
Grande regista, ma anche inarrivabile umorista, Alfred Hitchcock. Non deve essersi certo annoiata, Alma Reville, sua moglie devota, ma non sottomessa, per oltre mezzo secolo. Sempre pronta a farsi sua complice e a tenergli testa, quando al geniaccio prendevano i cinque minuti. E fu lei la sua vera musa ispiratrice.
Lo rivela al vasto popolo degli appassionati il film Hitchcock dell'esordiente Sacha Gervasi, che lunedì sera ha aperto, fra prolungati applausi, il XXII Noir in Festival di Courmayeur. Proprio i duetti fra i due coniugi sono la parte migliore di un ottimo film, quasi completamente incentrato sulla lavorazione di Psycho. A dare il volto, truccatissimo, al regista è Anthony Hopkins, con finto pancione. Aveva sessant'anni giusti sir Alfred quando girò Psycho, nel 1960, contro i 74, tutti peraltro da dimostrare, di Hopkins. Che è bravo, ma non strepitoso come Helen Mirren la quale porta i suoi magnifici 67 anni perfino in un costume da bagno rosso fuoco.
Dunque in quel 1960 Hitchcock era reduce dal successo di Intrigo internazionale, quando rimase folgorato dal romanzo Psycho di Robert Bloch. Ma se pazzo era il protagonista della storia, Norman Bates, ancora più pazzo fu considerato Hitch dal boss della Paramount: «Ottocentomila dollari per questa robaccia? Stai fresco». Sennonché la smania di Alfred di fare quel film convinse anche la riluttante consorte Alma: «Va bene i soldi mettiamoli pure noi, però promettimi che al massimo venderemo solo la piscina, non tutta la casa».
La battaglia numero due Hitchcock dovette combatterla contro la censura. «Un invertito omicida, una donna nuda sotto la doccia, un coltello che affonda nelle carni e, come se non bastasse, un wc in primo piano. No, no e ancora no». Poi si cominciò a trattare: «Ma è proprio nuda?». «No, le lascerò la cuffia», fu la beffarda risposta. Finalmente quei parrucconi si convinsero: non sarebbe stato mostrato nulla di sconveniente, il pubblico avrebbe più intuito che visto.
E gli attori? Per il ruolo della moritura, Hitch era incerto tra Doris Day (!), «la donna che visse due volte» Kim Novak, e in subordine, e presto scartata, Deborah Kerr («meglio di no, è scozzese»). Il sogno proibito restava però l'adorata Grace Kelly, ormai irraggiungibile principessa di Monaco. L'intuizione fu ancora una volta di Alma: Janet Leigh, da lei ammirata in L'infernale Quinlan di Orson Welles. Hitch però aveva una perplessità: «Cosa dirà la gente di una protagonista che muore a metà film?». E Alma: «E tu sorprendili, falla morire ancora prima, dopo mezz'ora». Così fu. Un trionfo. Come è documentato dalla scena più emozionante, e buffa al tempo stesso: quando Hitch, la sera della prima londinese, rimase dietro una porta della sala, deliziandosi degli «oh» degli spettatori e accompagnandoli con il braccio che, in sintonia con la colonna sonora, fingeva di infierire sulla povera Marion. In Hitchcock Janet Leigh ha il viso malizioso e il sedere quasi parlante di Scarlett Johansson, mentre la sorella Lila (Vera Miles in Psycho) è interpretata dalla bellissima Jessica Biel e il defilato Norman Bates (allora Anthony Perkins) è il seminoto bellino James D'Arcy.
Certo, è una scoperta che Hitch fosse gelosissimo della superfedele moglie, tanto da svenire sul set per il sospetto che lei avesse ceduto alla corte di un amico scrittore senza vergogna, né talento. «Io ti amo da trent'anni», le confessò lui. «E me lo dici solo adesso?». «Sì, non per nulla mi chiamano il maestro della suspense».
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