L'attualità dei fratelli Marx così anarchici e moderni

In un libro, la vera storia della "famiglia" simbolo della risata del '900. Con tanta gavetta alle spalle

L'attualità dei fratelli Marx così anarchici e moderni

Il marxismo va ancora di moda, nonostante tutto. Ma non quello del tedesco Karl Marx, autore de Il Capitale (1867), tomo che nei Settanta del secolo scorso troneggiava in ogni biblioteca rispettabile e adesso è facile trovare sulle bancarelle, bensì quello di quattro fratelli americani, noti come «i fratelli Marx», nati per far ridere. È il marxismo «tendenza Groucho», che in questi tempi di tristezza planetaria, causa Covid, torna alla ribalta grazie a un bel libro di Chantal Knecht, produttrice e regista, ora autrice di Les Marx Brothers par eux-mêmes (Robert Laffont, 30 euro). Si tratta di un regesto corposo, che va dalla «A» di «attore» alla «Z» di Zeppo, il nome d'uno dei quattro ragazzi Marx, figli dell'alsaziano Simon, anche detto «The Frenchie», il francese. In oltre 760 pagine, piene di aneddoti, pazzie, lettere e fantasie, si leva un inno alla banda dei quattro commedianti, ritenuti i più grandi comici del cinema sonoro.

E in tale abbecedario tematico è dato conoscere meglio, da vicino, ovvero in ogni loro sfumatura all'apparenza demente, Groucho, Chico e Harpo, sorpresi nei diversi «Marx attack» pensato per sopravvivere all'assurdità del mondo. Allora ecco Chico, in realtà Leonardo, colui che faceva il pianista con la tecnica del «dito revolver», picchiato con furia maniacale sui tasti; poi viene Harpo, nato Adolph, identificabile come pagliaccio muto: il suo soprannome viene dal dio greco del silenzio e dei segreti, Arpocrate, sempre avvolto in un mantellone pieno zeppo di utensili da cucina; quindi Zeppo, che nome faceva Herbert, «uno come tutti» e infine il grande Groucho, il più conosciuto dei fratelli, nato Julius: uno ossessionato dal sesso. Ma non bisogna dimenticare Gummo, ovvero Milton, che fungeva da impresario della banda.

I fratelli Marx avevano schiere di ammiratori illustri: da Charlie Chaplin allo scrittore Francis Scott Fitzgerald, passando per il compositore George Gershwin e il pittore Salvador Dalì, che aveva un vero e proprio culto per Harpo, ritenendolo sufficientemente bizzarro per i suoi gusti. Per quanto strano possa sembrare, tra i fan sfegatati dei Marx figura anche il poeta francese Antonin Artaud (1896-1948), che dei fratelli svalvolati notava «l'esercizio d'una sorta di libertà intellettuale, dove l'incoscienza di ogni personaggio, compressa dalle convenzioni, si vendica e vendica anche noi». Di fatto, i quattro attori sono stati i primi a trasformare la replica incongrua in opera d'arte, deformando la realtà a colpi di effetti. Oggi tutto è permesso, sulla scena comica, ma quando i Marx esordirono, nell'America benpensante ci fu una specie di terremoto, fin dal loro primo film Humor Risk (1921). Nel libro di Chantal Knecht, tra l'altro, si rileva l'importanza d'una certa parentela artistica con Charlie Chaplin, Buster Keaton e Stanlio & Ollio, anche se i fratelli Marx hanno imposto l'elemento burlesco e l'assurdità, visibili in film come Una notte all'Opera (1935), o Il bazaar delle follie. Ma chi è il «Lider Maximo» della filosofia marxista alla burlona? Sicuramente Groucho, come dimostrato in una scena di La guerra lampo dei fratelli Marx (1933), quando la proprietaria d'un negozio lo accoglie a braccia aperte e lui fa: «A che ora chiudete?». Stessa impronta umoristica per l'epitaffio che Groucho voleva sulla propria tomba: «Avrei potuto vivere più a lungo. Ma adesso è troppo tardi».

Quella dei Marx è anche la storia d'una famiglia di emigranti europei, ebrei sbarcati a Manhattan alla fine del XIX secolo e diventati americani. Una storia di figli e di fratelli, attivi sia al cinema che a teatro. Gente che, una volta in scena, dimenticava le ristrettezze in cui viveva a Yorkville, quartiere povero della Grande Mela, per regalare buonumore e pazzia, tra il 1921 e il 1957.

Purtroppo si sono perse le tracce di Humor Risk, il primo film del quartetto marxiano , firmato da Richard Smith e mai proiettato in sala. Mentre Una notte a Casablanca (1946) di Archie Mayo si ricorda anche perché la Warner, credendo che i Marx facessero la parodia irriverente del celebre Casablanca di Michael Curtiz, con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, minacciò di trascinare i quattro in tribunale. E per sapere se l'umanità è buona o cattiva, basterà rivedersi L'inferno ci accusa (1957), l'ultimo film dei fratelli Marx, con Harpo che fa Newton.

Burlesco e assurdo: i due aggettivi che, dai primi anni Venti, connotavano i successi dei Marx a Broadway, finiscono per indicare una nuova filosofia: il marxismo. Quell'umorismo anarchico e liberatorio che adesso ci vorrebbe come il pane.

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