Toni Servillo e Dustin Hoffman duellano in un posto senza fine e senza inizio. Dove scompaiono adolescenti segregati da Bunny, mostro con la testa da coniglio e gli occhi rossi a cuore. Uno squallido individuo che si aggira tra palude e città, seminando ansia e perversione. Invano il detective Bruno Genko, un Servillo mai così disturbante mentre si punta la pistola alla gola, seduto sul WC, cerca tracce dei «figli del buio» finiti nel buco nero del nulla. E chi ha rapito Samantha Andretti, interpretata dalla talentuosa Valentina Bellè, alle prese col dottor Green, il «profiler» che dovrebbe aiutarla e che ha il viso quietamente beffardo di Hoffman? Succede nel thriller di Donato Carrisi L'uomo del labirinto (da domani al cinema, con Medusa),tratto dal bestseller omonimo edito da Longanesi. E siccome l'unica prigione da cui non si può evadere è la propria mente, alla fine lo spettatore capirà che il labirinto è dentro di sé: dai tempi di Agatha Christie l'autore d'un thriller sfida il lettore e Carrisi, giallista di successo specializzato in criminologia, dopo il successo de La ragazza della nebbia (David di Donatello, consegnato da Steven Spielberg), ripete la formula del Male.
Film di livello venduto a scatola chiusa, dalla Cina all'Australia, con soddisfazione dei produttori - tra i quali figurano Hoffman e Servillo stessi -, L'uomo del labirinto non si esaurisce in ciò che si vede sullo schermo. «L'invisibile è importante almeno quanto ciò che si vede. Conosco i film di David Lynch e ho recuperato un'atavica paura del buio. Ma dietro ogni porta, c'è una paura diversa. E questo film si poteva fare soltanto con Dustin Hoffman: perciò il grande attore m'ha invitato a chiamarlo Dastino. Era nel mio destino che lavorassi con lui. Perché un uomo con la testa da coniglio? Perché io temo i conigli da quando, bambino, vidi Alice nel paese delle meraviglie della Disney e poi Harvey», spiega Carrisi, che si è avvalso degli effetti speciali inventati da Iginio Straffi. Qui, tutto essuda ed è avvolto da una nebbia appiccicosa: quella degli incubi. «Affascinano i vari livelli di labirinto. Quello evidente è della città afosa, calda, dove il mio personaggio, investigatore sui generis, abituato a recuperare crediti, fa fatica a muoversi. E poi c'è un labirinto mentale. Quel che m'ha affascinato, nella sceneggiatura, è l'inquietudine morale di Genko, che si aggira in luoghi infernali, legati al vizio, ma ha voglia di riscattarsi. Hoffman? Per quelli della mia generazione, è un mito: perciò l'ho sempre chiamato Mister Hoffman», dice Servillo.
Girato a Cinecittà, nello studio 18, dove pare che il protagonista americano sia entrato con deferenza, essendosi pentito d'aver rifiutato un film diretto da Fellini, questo thriller sigla la seconda collaborazione tra
Carrisi e Servillo, poliziotto ne La ragazza del lago. «Noi di Medusa siamo orgogliosi d'aver fatto il secondo film di Carrisi. E stavolta, abbiamo alzato l'asticella», dichiara Giampaolo Letta, ad e vicepresidente di Medusa.
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