Luca Ravenna è un comico che si è fatto strada tra i fili del web. "Arruolato" nel gruppo dei The Pills - dove ha esordito - ha lavoro tra cinema, teatro e tv. Oggi è apprezzato per la sua contagiante verve comica. È stato uno dei protagonisti di LOL, lo show comico di Amazon Prime, e fermo del suo successo si è"“re-inventato" a teatro con 568, uno show di pura stand up comedy da tutto esaurito. E continua a mietere consensi da parte del pubblico. Lo abbiamo intervisto e ci ha raccontato cosa significhi essere un comico nell'epoca del politicamente corretto.
Cosa significa essere un comico?
"Bella domanda. Mi hai messo in difficoltà. Cerco di rispondere con un’affermazione che possa essere esaustiva. In questo momento, per me, essere comico è un lavoro e sono felicissimo di questo percorso che ho intrapreso. È la cosa più bella del mondo far ridere la gente, ma essere un comico non è facile. Oggi, e come in ogni lavoro che si rispetti, ci sono persone che sono competenti nel loro mestiere e c’è chi invece prova a farlo senza riuscire nell’impresa. È una continua scoperta e non si smette mai di imparare".
Era questo il mestiere che si immaginava da ragazzino?
"Da piccolo sognavo di diventare il numero 10 della Nazionale di calcio. Non di una squadra in particolare, ma quella della 1994. Volevo essere Roberto Baggio, volevo indossare la sua maglia ma senza codino".
Però alla fine ha seguito un altro percorso. Lei dove e come ha trovato la sua nuova strada?
"È stato il percorso che ha scelto me. Anche se, lo devo ammettere, sono sempre stato appassionato di comicità. Ma non solo. All’università ho studiato cinema e sono diventato anche un autore. Poi, quando ho avuto la possibilità, ho partecipato al mio primo open mic e non mi sono più fermato. Da quando sono salito sul palco per la prima volta sono passati già 8 anni".
Lei ha mosso i primi passi con il gruppo dei The Pills, giusto?
"È stata un’esperienza bellissima. All’epoca era uno dei gruppi comici più in voga. Su YouTube erano come se fossero i padroni del mondo. Grazie a loro ho visto da vicino cosa significhi avere successo. Far parte del gruppo è stata un’esperienza che mi ha cambiato. Bella e molto difficile. Ero di Roma quindi mi spostavo molto spesso a Milano per lavoro. Ma a parte questo, ciò che conservo dei The Pills è il fatto di imparare a saper giocare con i tempi comici e con il sapore delle battute".
Poi i The Pills da YouTube sono arrivati anche al cinema. Un momento importate per la sua carriera. Cosa ricorda?
"Arrivare sul grande schermo mi ha fatto capire che il web e il cinema sono due mondi separati. Non possono camminare di pari passo, come credono in molti. Ad oggi, l’unico progetto nato in rete e arrivato nelle sale è stato 'Io contro te'. Questo la dice lunga su quanto sia difficile portare il pubblico al cinema che, di solito, ti segue in rete senza pagare nessun tipo di biglietto. Era difficile ieri, oggi lo è ancor di più dato che l’emergenza sanitaria ha messo in seria difficoltà la sopravvivenza di tutte le sale. I The Pills non sono stati gli unici che hanno cercato di andare oltre gli schermi del web. Ci hanno provato anche i The Jackal, ad esempio. Nessuno, però, è riuscito a compiere un miracolo. Appunto per questo ho imparato che sono due media differenti, altrimenti se non fosse così, farebbero parte dello stesso calderone".
Due anni fa ha partecipato alla prima stagione di LOL. Cosa significa per un comico trattenere una risata?
"È stato difficilissimo. Prendere parte a LOL mi ha fatto comprendere che i giapponesi, che hanno creato questo format, sono dei veri psicopatici ma in senso buono. Sono stati capaci di pensare a uno show pazzesco che ha funzionato, superando le più rosee aspettative. Ha sfruttato al meglio il potere del mezzo televisivo, cioè saper intrattenere ma al tempo stesso far partecipare il pubblico a un gioco. Per me è stato un sogno a occhi aperti perché ho avuto modo di stare insieme a dei pezzi da novanta della comicità".
Parteciperebbe di nuovo al programma?
"Assolutamente sì. Con l’esperienza di oggi sarebbe più facile. Poi ha avuto tutto quel successo proprio perché Lol è arrivato in un momento in cui c’era bisogno di ridere".
All’epoca del politicamente corretto quanto è difficile fare comicità?
"Secondo me deve essere tracciata una linea molto forte tra fare comicità come lavoro – salire sul palco, andare in tv o la cinema -, e fare comicità sui social. Perché nel lavoro c’è un contesto chiaro. Il pubblico paga per vedere il comico sul palco. Nel mondo dei network, invece, il contesto non è chiaro e poi non è un vero e proprio lavoro. Questi due ambiti devono essere distinti e separati. Sono dell’idea che in Italia il politicamente corretto non esista. Ci sono cose ben più gravi che sbagliare le parole".
Siamo in un periodo molto complesso. Oggi è difficile far ridere le persone?
"È una sfida. Quando sono sul palco non si può seguire il proprio flusso di coscienza. Si devono dosare le parole e cercare di raccontare al meglio il mondo che stiamo vivendo e in cui ci troviamo. Devo ammettere, però, che il comico se ha dei limiti riesce a portare a termine il suo lavoro al meglio delle proprie forze".
Ora lei è a teatro con uno show da tutto esaurito. Come è stato tornare a contatto con il pubblico in tempi di pandemia?
"Il pubblico è venuto con grandi aspettative. Ho trovato persone molto propositive e che hanno voglia di ridere. Credo che sia necessario farlo proprio in questi momenti".
E il suo rapporto con i social e i fan?
"I social network sono una vetrina. Per il pubblico è un modo per conoscermi e seguire il mio percorso. Infatti su Instagram parlo solo di lavoro e di ciò che faccio per vivere".
Progetti per il futuro?
"Fino all'autunno sono impegnato con il 568, lo spettacolo che sto portando nei teatri, poi si vedrà. Di solito sono un tipo molto scaramantico".
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