Maria Di Biase pronta per Lol: "Il politicamente corretto castra noi comici"

L'attrice molisana protagonista a "Lol: Chi ride è fuori" a tutto tondo ai nostri microfoni: "Il governo non ha aiutato molto la nostra categoria"

Maria Di Biase pronta per Lol: "Il politicamente corretto castra noi comici"

La seconda edizione di “Lol: Chi ride è fuori” è alle porte e ne vedremo delle belle. Il cast è di altissimo livello e c’è grande curiosità di scoprire sketch e tormentoni dei comici in competizione nello show, una produzione Endemol Shine Italy per Amazon Studios. Con Maria Di Biase la risata è assicurata, ma “Lol” è un grande esame per tutti: “Per me è stata una doppia sfida. Mettermi in gioco come comica e non avere al mio fianco il mio partner, Corrado Nuzzo, con cui ho mille schemi perché lavoriamo insieme da più di venti anni”.

Perché ha deciso di accettare?

“Ho visto la prima edizione e mi è sembrata una bella occasione. È un format nuovo che ti permette di metterti in gioco: quando entri lì dentro non porti i tuoi pezzi come fai solitamente nei programmi comici. È molto più bello viversi il gioco senza premeditare le mosse, essere libero e giocare con gli altri. Io ho giocato molto in difesa, avendo una risata parecchio facile, ma poi ho attaccato. Per me è stato davvero difficile, considerando la mia morfologia (ride, ndr)”.

Come è stato partecipare senza Nuzzo?

“Anche questo è stato complicato. Un po’ mi è dispiaciuto, avrei preferito farlo con lui, ma abbiamo valutato che fosse un'occasione da non lasciarsi scappare”.

C’era qualche collega che temeva particolarmente?

“Assolutamente sì. Appena ho visto Virginia Raffaele ho detto: ‘Oddio, no!’. Ma anche Maccio Capatonda, Mago Forest… Anche quelli che non temevo durante il gioco li ho temuti. È stata davvero una bella sfida. La mia sofferenza si vedrà in ogni secondo del gioco: sembro sempre in preda a una colica renale. Ho studiato anche alcune tecniche per non ridere, le ho provate tutte. Pensi alle cose brutte della tua vita e, quando le hai finite, pensi alle cose brutte che farai: alla fine esci dalla casa di Lol come un serial killer (ride, ndr)”.

Prima di “Lol: Chi ride è fuori”, c’è stato l’attesissimo ritorno a Zelig…

“È stata un’emozione grandissima. Io e Corrado non tornavamo sul palcoscenico da due anni: trovarsi due mila persone davanti è stato davvero molto forte dal punto di vista emotivo. Anche il pezzo che abbiamo portato giocava molto sull’emotività”.

Ma alla fine la proposta di matrimonio era parte della gag?

“Non l’ho capito (ride, ndr). Secondo me un matrimonio ci sarà, ma non abbiamo ancora deciso. Ma noi siamo persone che procrastinano: se possiamo rimandare, rimandiamo”.

C’è una grandissima complicità sul palcoscenico, ma nella vita di tutti i giorni?

“Niente da fare, nessuna complicità: non mi capisce mai (ride, ndr). Posso lanciare qualsiasi tipo di segnale, ma non mi comprende: dovrei scriverci un pezzo comico. Scherzi a parte, c’è tanta complicità anche nella vita: è più forte l’amore che la parte professionale”.

Anche perché siete tra i pochi ad avere un profilo Instagram di coppia, come Amadeus e Giovanna Civitillo insomma…

“Siamo un tutt’uno. Paolo Migone dice sempre: ‘Se ammazzi Maria, muore Nuzzo. Se ammazzi Nuzzo, muore Maria’”.

Quanto è difficile fare comicità oggi, nell’era del politicamente corretto?

“Secondo me influisce tantissimo, influisce su tutto, anche sulla comunicazione. Bisogna sempre stare attenti perché si possono offendere tutti. I comici hanno il ruolo di mettere in risalto le storture della società. Ma se devi fare sempre attenzione a ciò che dici, rischi di essere meno divertente e meno efficace. Non bisogna fare dei pezzi per offendere, sia chiaro, ma bisogna avere la libertà di trattare tutti i temi. Il comico deve essere libero di dire quello che vuole dire, non può stare attento a tutto: se si sente castrato, scatta l’auto-censura su temi che hanno anche la forza di fare cadere dei tabù. A volte ridere dei difetti della società ci porta dei miglioramenti: d'altronde, la risata è l’arma più efficace per i cambiamenti. Oggi invece si rischiano mille rettifiche e perdiamo qualcosa. Non bisogna utilizzare un linguaggio offensivo, questo è ovvio, ma uno deve poter parlare di qualsiasi argomento”.

Serve libertà assoluta…

“Esatto. Uno mi deve attaccare perché non faccio ridere, non perché ho trattato un tema scomodo. Non si può sentenziare su cosa dire o cosa no”.

Il mondo dei social network ha cambiato la comicità?

“Sicuramente i social stanno cambiando la nostra società. Ci rendiamo conto ogni giorno che ci sono nuovi modi per fare ridere. È un cambiamento interessante, i social hanno permesso a tante persone di accedere al mondo della comicità più facilmente rispetto a quando eravamo giovani noi, quando la gavetta era difficile e tosta, soprattutto per chi veniva dalla provincia. Poi ci sono delle cose che non mi piacciono, ma ci può stare”.

Sempre parlando dell’era social, il dibattito su no vax e pandemia continua a infuocare la rete. Che fine ha fatto la speranza di uscirne migliori?

“Ne siamo usciti peggiori, sicuramente (ride, ndr). Abbiamo alle spalle due anni di chiusura e di restrizioni, un periodo che ha creato disagio in tutti noi. E questo disagio non porta a un miglioramento. Non ne siamo usciti migliori, ma questo era anche ovvio”.

Il vostro settore è stato tra i più colpiti durante la pandemia, vi aspettavate un trattamento diverso da parte del governo?

“Noi abbiamo lavorato in radio, dal nostro punto di vista è cambiato relativamente poco. Ma tutti gli artisti che si esibiscono a teatro hanno avuto delle perdite grossissime. Avrebbero avuto bisogno di più aiuti, sicuramente. Il cinema adesso è ripartito, ma il teatro ha sofferto tantissimo: gli attori sono stati messi in difficoltà e il governo non ha aiutato molto la categoria”.

Dopo “Lol: Chi ride è fuori” ci sono altri progetti?

“Continuerà il nostro lavoro su Rai Radio 2 ('Numeri uni', ndr), mentre il 7 aprile uscirà il film ‘Bla Bla Baby’, diretto

da Fausto Brizzi. Poi, io e Corrado stiamo lavorando ad un nuovo spettacolo. Dopo Zelig abbiamo sentito la necessità impellente di ritornare sul palco: il teatro è il nostro primo amore e il primo amore non si scorda mai”.

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