Luciano Regolo ci offre un bellissimo ritratto, a tutto tondo, dell'ultima regina d'Italia, Maria José di Savoia: un ritratto costruito attraverso ricerche archivistiche in fondi pubblici e privati e attraverso il vaglio critico della letteratura storiografica. Un ritratto, ancora, impreziosito dalle testimonianze di protagonisti del periodo a cominciare dai colloqui che l'autore ebbe con l'ex sovrana, per la prima volta disposta a rompere il silenzio impostosi per senso di responsabilità e rispetto nei confronti della volontà del marito, da sempre restio a parlare della famiglia reale. Ritroviamo così, nel volume di Regolo, come riflessi in un suggestivo caleidoscopio, non solo i principali esponenti di Casa Savoia da Vittorio Emanuele III, con il quale non ebbe facili rapporti, a Mafalda, l'unica della famiglia con la quale si trovò in sintonia, fino al marito Umberto, cui rimase, malgrado le apparenze e il gossip, legatissima da una profonda intesa intellettuale ma anche tanti personaggi del mondo politico e intellettuale che furono, in qualche misura, protagonisti delle vicende politiche del Paese.
Già questo fa comprendere l'interesse e l'importanza del volume di Luciano Regolo dal punto di vista storiografico. Ma c'è di più. Il volume di Luciano Regolo fa emergere episodi sconosciuti o poco noti della storia politica del Paese nei quali Maria José, questa donna che giustamente l'autore definisce «indomita», ebbe parte significativa.
Uno di questi episodi è il caso del progettato colpo di Stato che, poco prima dell'incontro di Monaco del settembre 1938, vide coinvolta Maria José. Era l'anno dell'Anschluss, della visita di Hitler a Roma con il Papa ritiratosi a Castel Gandolfo per protesta, degli annunci di Hitler di voler incorporare i territori cecoslovacchi abitati da tedeschi, del varo delle sciagurate leggi razziali che indignarono tanto la Principessa. Lei fu al centro di un vero e proprio complotto volto a eliminare il fascismo e Mussolini e impedire lo scoppio della guerra: un complotto che non scattò solo perché nel frattempo c'era stato l'incontro di Monaco che aveva accreditato l'immagine di un Mussolini salvatore della pace. Regolo, partendo da un rapporto dell'ambasciatore inglese al Cairo, racconta nei dettagli il progettato colpo di Stato rivelando nomi e circostanze finora ignoti.
L'attività «cospiratoria» di Maria José durante la guerra fu particolarmente vivace e Regolo la tratteggia bene. La Principessa incontrava esponenti dell'opposizione, giornalisti e intellettuali, qualcuno antifascista convinto, qualcuno fascista deluso, qualche altro solo frondeur: dal poeta Trilussa a Indro Montanelli, da Massimo Bontempelli a Manlio Lupinacci, da Paola Masino a Domenico Bartoli e via dicendo. Li riceveva in più posti, secondo il grado di riservatezza che meritava l'incontro: nel «mezzanino» al Quirinale che, scandalizzando la Corte e lo stesso Umberto, definiva «la mia garçonnière»; nella casa dei conti Spalletti-Trivelli; in una villetta messale a disposizione dai marchesi Solaro Del Borgo; nello studio di Sofia Jaccarino Rochefort. E poi, nella casa della marchesa Giuliana Benzoni, che, insieme a lei, sarebbe stata protagonista di una vera e propria «congiura di dame».
Nell'ultimo scorcio del regime la cerchia degli antifascisti che ruotavano attorno a Maria José si allargò fino a comprendere intellettuali comunisti come il latinista Concetto Marchesi e lo scrittore Elio Vittorini e giornalisti cattolici come Guido Gonella. Proprio Gonella, la penna più nota del giornalismo cattolico per gli Acta Diurna pubblicati sull'Osservatore Romano, la mise in contatto con Giovanni Battista Montini, allora sostituto alla Segreteria di Stato. Maria José era convinta che la strada del Vaticano fosse la migliore percorribile per stabilire contatti con Londra e Washington e uscire con onore e senza troppi danni dalla guerra. Chiuso il «canale Vaticano» per l'insofferenza del Re nei confronti dell'attivismo della nuora, la Principessa non si arrese e cercò, su consiglio di Montini, un contatto con Salazar per tentare di coinvolgere il Portogallo come mediatore con gli anglo-americani. Luciano Regolo racconta di questa attività politica o parapolitica di Maria José con la vivacità narrativa del giornalista di razza e il rigore puntiglioso del ricercatore storico abituato a frequentare gli archivi e a valutare correttamente il materiale documentario. Il volume di Regolo è, però e prima di tutto, una biografia che si propone di ricostruire l'intera vita di Maria José, tratteggiandone anche la personalità. Leggendolo in controluce molte cose e molti atteggiamenti di questa donna coraggiosa e anticonformista si spiegano.
La diffidenza e l'antipatia istintive nei confronti dei tedeschi, per esempio, nutrite dalla figlia terzogenita di Alberto del Belgio discendevano, con molta probabilità, dal fatto che il padre, sovrano democratico e di simpatie socialiste e liberali, aveva combattuto nel 1914 proprio contro le truppe germaniche che avevano invaso il Paese. Proprio dal padre, poi, Maria José culturalmente sensibile, appassionata di musica, amante delle arti figurative e grande lettrice aveva avuto il suggerimento di accostarsi alle opere, soprattutto storiche, di Benedetto Croce. Donde, poi, il desiderio di incontrare il filosofo che rimase colpito dalla sua intelligenza e che in seguito avrebbe firmato una bella ed elogiativa prefazione a una delle opere storiche scritte da Maria José.
Ai tempi del suo matrimonio con Umberto, l'8 gennaio 1930, Maria José non nutriva particolari sentimenti antifascisti, anche perché in quel periodo si registrava un generalizzato consenso al regime e ogni cosa sembrava andare per il meglio. Tuttavia, i suoi comportamenti divennero, via via, più anticonformisti man mano che la situazione politica generale evolveva in una certa direzione. All'indomani della conquista dell'Etiopia, sul terreno interno, si moltiplicarono i tentativi di sbilanciare la diarchia in senso favorevole al fascismo, mentre, in politica estera, maturava l'avvicinamento fra Italia e Germania che non poteva non preoccupare Maria José per la tradizione familiare antitedesca e filofrancese. Così lei cominciò a coltivare amicizie sempre più imbarazzanti fra gli intellettuali, antifascisti o fascisti tiepidi, e non esitò a compiere gesti che fecero adirare Mussolini. Come quando, nell'estate del 1938, volle recarsi a Lucerna per un concerto di Arturo Toscanini. O come quando si presentò da Mussolini, chiedendogli spiegazioni sulle competenze del Gran Consiglio in materia di successione al trono. O, ancora, come quando salvò dalla chiusura l'Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno, «Animi», del suo amico in odore di antifascismo Umberto Zanotti Bianco, ponendola sotto la sua protezione come Opera Principessa di Piemonte.
I suoi rapporti con Mussolini, in apparenza buoni, erano in realtà freddi e imbarazzati. C'è, in proposito, una confidenza di Mussolini a un suo biografo ufficioso che è molto esplicita: «La principessa Maria José intrattiene col capo del governo rapporti di apparente cordialità. Ma i suoi legami con la finanza internazionale, propri della sua originaria famiglia, non possono non rendermi sospettoso. L'ambiente a lei caro, della haute aristocrazia romana, nobiltà nera e nobiltà di recente investitura non è tra i più favorevoli al regime. La Principessa fa vita parapolitica completamente diversa da quella, alquanto contemplativa, che il suo consorte va tranquillamente consumando. Non riesce molto simpatica alla piazza».
Sinceramente innamorata dell'Italia, dove aveva compiuto giovinetta i suoi studi, e cultrice di storia sabauda, Maria José fu una donna colta,
controcorrente, refrattaria ai condizionamenti ideologici: una donna libera e, soprattutto, sorprendentemente moderna. Una donna della quale questo bel volume di Luciano Regolo ricostruisce la vita e svela la personalità.
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