"La musica è suono e dopo diventa parola. Ecco il successo del prog"

Il rock progressive italiano compie 50 anni. E l'ex chitarrista della Pfm ne spiega i segreti

"La musica è suono e dopo diventa parola. Ecco il successo del prog"

Le innovative e pompose sonorità del moog, l'organo sontuoso, i virtuosismi vicini al jazz di chitarra basso e batteria... Suoni coloriti e onnicomprensivi come non mai; ecco in due parole il rock progressivo, che compie cinquant'anni e non ha perso la sua carica poetica e dirompente. Per questo la Sony ha deciso di ripubblicare 50 album fondamentali del prog in vinile e con copertine colorate.

Tra le prime uscite Storia di un minuto e Per un amico (un brano scritto da Mauro Pagani per Claudio Rocchi) della Premiata Forneria Marconi, Arbeit Macht Frei degli Area, il mitico Salvadanaio e Ciao Darwin del Banco del Mutuo Soccorso. Un fenomeno che non accenna a perdere popolarità come ci racconta uno dei suoi personaggi iconici, Franco Mussida, 75 ann, milanese, compositore ed ex chitarrista della Pfm, oggi Presidente del CPM Music Institute e artista multimediale con i suoi disparati progetti che vanno dalla scultura all'impegno sociale.

Franco Mussida: allora sembra ieri, eppure sono cinquant'anni di progressive rock.

«A testimonianza che è musica pura e creativa, che ha lasciato il segno nel panorama italiano ma anche internazionale, se si calcola che la Pfm è uno dei pochi gruppi che hanno raggiunto grande popolarità in Paesi come America e Giappone».

Dov'è il segreto?

«È una forma musicale completamente diversa dalle altre che non ricalca la formula della forma-canzone, anzi. I brani sono una sorta di suite che hanno un'espressività diversa dagli altri, pescando nel campo non solo del rock ma anche della musica classica, del jazz e soprattutto dell'improvvisazione».

Una rivoluzione.

«La vera rivoluzione, quella che avvicina il prog alla musica classica, è l'espressività diversa da quella della canzone. La nostra generazione ha riscoperto il suono mettendo in secondo piano la parola. La parola non è indispensabile, l'importante è che le emozioni e le vibrazioni arrivino con il suono. Il suono diventa visione. Impressioni di settembre ad esempio ha un testo poetico ma tutti ricordano principalmente l'assolo di sintetizzatore».

Insomma, fantasia?

«Fantasia e impegno, per ricordare che la musica è un codice esclusivamente sonoro: la nostra generazione aveva una cultura musicale molto più ampia della precedente».

A cosa vi ispiravate?

«C'era tutto nel progressive. Dai suoni di George Harrison alla musica napoletana, dalla musica classica all'improvvisazione pura fino all'hard rock».

La musica strumentale quindi è un punto focale.

«Per me sì, mi ispiravo persino a gruppi ora dimenticati come gli Shadows di Hank Marvin, che suonavano musica soltanto strumentale, e persino Santo&Johnny, così lirici nella loro semplicità con la pedal steel guitar!»

Così cominciò a suonare...

«Per suonare quella musica strumentale formai i Vibros. Poi Ricky Gianco e Gian Pieretti stavano cercando un gruppo e diventammo i Grifoni, con Franz Di Cioccio alla batteria e si può dire che ad opera di Ricky Gianco diventammo I Quelli, ovvero i prodromi della PFM».

Cosa ricorda di Storia di un minuto?

«Trovo che sia stata un'opera prima straordinariamente matura, come hanno dimostrato le vendite e migliaia di concerti in tutto il mondo».

Dopo tanti anni la Pfm prosegue e Lei ha lasciato.

«Ho tante attività da portare avanti. La mia è una continua ricerca per tornare alle origini della musica, per scoprire come si forma e cosa vuol dire. Bisogna scoprire le radici recondite della musica; la gente continua a suonare ma non a farsi domande sulla musica».

Per lei la musica ha anche un carattere educativo?

«Aiuta, insegna e fa bene all'anima.

Non per niente da 35 anni porto la musica nelle carceri come San Vittore o Opera o nei luoghi come San Patrignano come cura per l'anima. Poi sono molto contento di come interpretano la musica gli allievi del CPM Music Institute e continuo con la scultura. Le mie opere più note sono esposte a Orbetello».

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