Una "normale" notte di depravazione con l'amico Bukowski

"You never had it" celebra con alcol e poesia il centenario della nascita del mitico Hank...

Una "normale" notte di depravazione con l'amico Bukowski

Bevendo Petite Sirah e accendendo una sigaretta dietro l'altra, Charles Bukowski parla di sé e della sua infanzia, del suo lavoro da impiegato all'ufficio postale e di sesso, donne, alcol. Né mancano gli accenni a colleghi come Camus e Sartre, mentre la moglie Linda Lee Beighle e il fotografo Michael Monfort gli siedono a fianco. È quanto si vede e si sente nel docufilm di Matteo Borgardt You never had it. An evening with Bukowski, basato su una lunga conversazione tra lo scrittore statunitense e la giornalista Silvia Bizio, sua amica personale. Da sabato tale film, elaborato da vecchie cassette U-matic, che la Bizio teneva in garage e pensava d'aver perso, sarà disponibile sulle piattaforme online, in occasione del centenario di uno dei più grandi scrittori del XX secolo, nato il 16 agosto 1920 ad Andernach, in Germania e morto il 9 marzo 1994 a San Pedro, al Peninsula Hospital. 45 minuti che narrano una lunga notte in stile Bukowski: si beve tanto, si parla molto, si fa ironia su ogni cosa. Il titolo del docufilm s'ispira alla frase «Humanity, you never had it from the beginning» («Umanità, non ne hai avuta fin dal principio»), contenuta nel romanzo Women del 1978. «È stato un lavoro di riscoperta: poco di quel materiale era stato visto. Abbiamo fatto digitalizzare quelle vecchie cassette e così è nato tutto. Passare una serata con Bukowski? Si beveva talmente tanto», spiega la giornalista, che realizzò la video-intervista nel gennaio del 1981, nella casa dello scrittore a San Pedro, in California. Una lunga notte di fumo e di vino, a parlare di argomenti che spaziano dall'amore all'umanità, con alcune poesie lette dallo stesso Bukowski. Evento speciale alla 13esima edizione delle Giornate degli Autori a Venezia, nel 2016, You never had it viene ora riproposto in streaming. «Quando abbiamo trovate le vecchie videocassette dell'intervista di mia madre a Charles Bukowski, abbiamo subito capito che ci trovavamo tra le mani una sorta di reperto storico. Non che allora fossi un appassionato di Bukowski, ma dopo aver ascoltato le sue parole, per innumerevoli ore, ho inteso la forza del suo lavoro», spiega Matteo Borgardt, anche snowboarder professionista. Seduto sul suo divano, davanti a qualche buona bottiglia, l'autore maledetto per eccellenza si lascia intervistare, alternando silenzi e irriverenze, mentre le riprese originali sono state montate con riprese in Super8 della Los Angeles di oggi.

Harry Charles Hank Bukowski Jr., nato Heinrich Karl Bukowski e noto anche con lo pseudonimo di Henry Chinaski, di solito è amato o odiato e il lavoro di Borgardt ravviva il dualismo di opinioni sul moscone da bar, le cui frasi e citazioni sono diventate famose. Come «Passai accanto a 200 persone e non riuscii a vedere un solo essere umano» (da Una pioggia di donne).

Scrittore prolifico, che riuscì ad usare la poesia e la prosa per descrivere la depravazione della vita urbana e gli oppressi nella società americana, è diventato un eroe di culto invocando emozione e fantasia con un linguaggio diretto e immaginario, violento e sessuale.

Nell'epoca del politicamente corretto, Bukowski viene ritenuto offensivo della dignità delle donne, anche se egli ha saputo descrivere in modo satirico il machismo: non a caso, la corrente letteraria cui viene associato è quella del «realismo sporco». «Il mondo sarebbe un posto di merda, senza le donne. La donna è amore. La donna è vita. Ringraziale, coglione!», diceva senza ombra di disprezzo per il genere femminile. Eppure i collettivi femministi USA, in particolare quelli afroamericani, puntano il dito contro di lui, il quale scriveva: «La pazzia è relativa, chi stabilisce la normalità?». Avrebbe fatto qualunque cosa, Bukowski, «pur di tirare giù quelle mutandine» ed è proprio quanto gli rimproverano le neofemministe americane.

E adesso che il più famoso scrittore e poeta «underground» in lingua inglese riaffiora alla memoria, torna attuale la frase scritta sulla sua lapide e tratta dalla poesia Rotola i dadi: «Don't Try», cioè «non provarci». Ad essere e a scrivere come lui, «il vecchio sporcaccione». Ma anche a giudicarlo secondo la nuova morale della società americana.

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