Giuliano Sangiorgi gioca un campionato parallelo. È immerso nel nostro tempo, parla e vive con i social e pulsa al ritmo dei Negramaro ma ha l'attitudine di chi vive la musica come si faceva decenni fa, ossia tutto il giorno tutti i giorni. L'altra sera con Diodato, Renzo Rubino e il sopraffino Benjamin Clementine ha intonato una raffinatissima versione di Caruso di Lucio Dalla mentre il sole calava sullo Ionio: «Mamma mia, abbiamo improvvisato», dice ora. Qualche giorno fa, a Polignano a Mare patria di Domenico Modugno, il sindaco gli ha promesso le chiavi della città: «E io ho risposto che ne farò sei copie...». Tra un paio di settimane, nella notte tra 8 e 9 agosto, sarà protagonista dell'«Alba Locomotive», concerto alle 4 e mezza sulla spiaggia di San Cataldo in provincia di Lecce. Nel frattempo prepara con la band il tour nei teatri che parte il 28 settembre da Saint Vincent e ha appena raddoppiato le date di Sanremo, Bari e Torino: «Per noi i teatri sono un importante momento ricreativo, ma i Negramaro rimangono la band degli stadi».
Avreste dovuto tornare lì, ma a questo giro passate dai teatri.
«La pandemia ha scombussolato tutto e abbiamo avuto rispetto di chi aveva già fissato le date in questa estate pienissima di musica. Fino a febbraio scorso i tour saltavano e quindi ci siamo concentrati sul ritorno in autunno nei teatri».
Ma gli stadi vi aspettano.
«Quando sono andato come ospite al concerto di Marco Mengoni all'Olimpico di Roma mi sono sentito un po' a casa. Quello è il nostro posto».
Però non suonerete solo nei teatri italiani. Anche in quelli stranieri. Da Parigi a Londra a Barcellona.
«E speriamo di ritrovare la stessa energia del 2007 quando abbiamo fatto lo stesso giro europeo».
Stiamo parlando di un'era musicale ormai remota.
«Penso che la musica abbia il linguaggio delle generazioni. Ora molte cose sono cambiate e non necessariamente in peggio».
Ossia?
«È cambiata la mentalità e quindi non è per forza necessario che tutti trascorrano mesi in sala prove come si faceva negli anni Settanta».
E in che anni siamo?
«Io ho una bella sensazione. Mi sembra di essere tornati agli anni Sessanta, nella fase in cui gli artisti si scoprono autori e non soltanto interpreti. Per qualche anno, anche seguendo i talent show, abbiamo avuto la sensazione di essere in una epoca di interpreti, bravi o bravissimi ma soprattutto interpreti di canzoni altrui. Ora è cambiato. E ci stiamo riscoprendo autori».
Un cambio significativo.
«Sangiovanni l'altra sera è passato da me e, ascoltando musica, ha scritto al volo altra musica».
Il ritratto dei nuovi artisti?
«Credo che sappiano affrontare il futuro dimenticando il pop più recente. Non sono convinto che la rivoluzione fatta per forza sia davvero vincente. Ci sono artisti come Blanco che hanno assorbito nel proprio Dna la lezione di De André e degli altri grandi e quindi siano in grado di andare avanti senza necessariamente essere di rottura».
I Negramaro come sono stati?
«Diciotto anni fa siamo stati scacciati da Sanremo. L'anno scorso hanno vinto i Maneskin. Abbiamo aperto la strada rock e tutti abbiamo fatto un grande lavoro. Tutto ritorna. Anche gli sforzi che si fanno quando sembra che non servano a nulla».
Faccia un esempio.
«L'anno scorso è uscito il nostro Ora ti canto il mare. Subito dopo averlo ascoltato, Gaetano Curreri degli Stadio mi ha mandato un messaggio: avete elaborato la lezione di Vasco e Dalla. Credo sia così».
Oggi scrivere testi per le canzoni ha una grande barriera: quella del politicamente corretto.
«È un grande cambiamento e io mi sento stimolato dai cambiamenti. La musica in fondo ha sempre, al proprio interno, il sogno di tutti».
E quando uscirà il vostro disco?
«Non abbiamo idea. Ma lo stiamo scrivendo. E sarà una sorpresa».
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