Da Omero ad Asimov la forza dello scrittore è tutta nel "fantastico"

Il saggio di Lucilla Sergiacomo indaga secoli di letteratura a caccia dell'immaginario

Da Omero ad Asimov la forza dello scrittore è tutta nel "fantastico"

Jorge Luis Borges lo aveva affermato con la pacata perentorietà di cui la sua penna era capace: «Tutta la letteratura è fantastica». Perché tutta la vera letteratura, attraverso la parola, che è strumento in sé squisitamente simbolico, ricrea un mondo che può avere caratteristiche del tutto simili a quello reale o del tutto difformi, ma che in entrambi i casi ha una vita propria e proprie regole interne: che ne fanno un organismo a sé stante e lo collocano in un regno che è quello dell'immaginario. Ogni opera letteraria degna di questo nome non può non mostrare il mistero, il lato segreto, l'alterità nelle trame della nostra anima e del reale. Così capita anche ai romanzi veristi di Zola, che hanno, come Germinal, una innegabile potenza visionaria, e così a un libro carico di buoni propositi sociali come I miserabili, di cui però lo stesso Hugo scrisse che il protagonista è l'infinito. Riflettevo su questi temi leggendo il bel volume di Lucilla Sergiacomo, L'assoluta libertà del fantastico ( Odoya, pagg.271, euro 18). L'autrice non chiude il fantastico in un genere specifico, non limita la sua ricerca al fantasy e alla fantascienza, che pure hanno dato tanto all'immaginario collettivo contemporaneo, basti pensare ai romanzi di George R. R. Martin, da cui è tratta la serie del Trono di spade, o ai racconti antologizzati in Le meraviglie del possibile di Solmi e Fruttero e nel Secondo libro della fantascienza, di Fruttero e Lucentini, che includono tra gli altri Arthur C. Clarke, Isaac Asimov, Ray Bradbury , Philip K. Dick, e in appendice La Biblioteca di Babele di Borges.

L'autrice, e questa è la peculiarità del suo libro, dilata i confini della ricerca indagando su tante opere di ogni epoca, a partire dall'Iliade stessa, dove fantastico è essenzialmente l'irruzione del numinoso, del terribile nella vita ordinaria, con l'apparizione, sin dai primi versi, del dio Febo che scende dall'Olimpo con un orrendo tintinnio di frecce nella faretra, simile a fosca notte, allungando un'ombra mortale sul campo greco. E fantastico è il viaggio all'Ade che compiono sia Ulisse nel canto XI dell'Odissea, sia Enea nel canto VI dell'Eneide. Nell'Aldilà virgiliano, diviso tra l'ombra del Tartaro e la luce dei Campi Elisi, c'è una prefigurazione di quello cristiano di Dante, che non a caso sceglierà Virgilio, mago e sapiente prima ancora che poeta in tutto il Medioevo, come guida nella sua Commedia.

Il fantastico medioevale è pieno di diavoli e di inferni, e l'immaginazione, in Bonvesin da Riva, in Giacomino da Verona, si scatena per descriverli. Dante compie il suo grandioso viaggio ultraterreno con un itinerario di discesa verso il buio più profondo e di risalita verso l'essenza suprema della luce, guidato da Virgilio e poi da Beatrice in un'ottica di salvazione. Guidato invece dalla sola umanissima ansia di conoscenza il suo Ulisse, quello del canto XXVI dell'Inferno, straordinaria reinterpretazione gotica di quello omerico, compie un folle volo oltre le Colonne d'Ercole che termina in un naufragio fatale. Il tema della navigazione magica è tipica del fantastico medioevale. La Navigatio Sancti Brandani ci racconta di un viaggio per mare alla ricerca del Paradiso terrestre, in cui il santo irlandese Brandano incontrerà mille prodigi. Il libro è del X secolo, e forse presuppone un testo antecedente in gaelico. Nel mondo celtico precristiano esisteva già la storia del principe Bran, figlio di re Febal, partito per mare verso l'isola dell'Eterna Giovinezza, e finito fuori dalle leggi dello spazio e del tempo come accade in un imrama, viaggio magico e sciamanico per eccellenza presso i Celti. Al fantastico appartengono i racconti di fantasmi, a cominciare da quello contenuto nel Satyricon di Petronio, da quello di Cleonice in Plutarco e dalla straordinaria novella su Nastagio degli Onesti del Boccaccio, faccia terrena dell'immaginario medioevale.

Lucilla Sergiacomo convoca nel suo libro Conan Doyle e Iginio Ugo Tarchetti, autori di racconti dove il fantastico ha dimensioni diverse tra lo strano e il meraviglioso, secondo la distinzione teorica di Todorov. E convoca Cortazar e Kafka, in cui il fantastico si coniuga con l'angoscia della metamorfosi e l'onirico. Sino a Dario Fo e Dan Brown, impegnato il primo in un autentico fantastico dissacrante nel Mistero buffo, il secondo in una rivisitazione concitata e superficiale di Dante nel suo Inferno. Un aspetto del fantastico che ha grande spazio nel libro è quello che ha per tema il rapporto tra l'uomo e la luna. Tanti autori diversi tra loro hanno immaginato uno sbarco sul nostro satellite ben prima che vi posasse il piede Neil Armstrong.

Luciano di Samosata immagina di essere scagliato da un gorgo mostruosamente potente sulla Luna, sferica e simile a un'isola molto luminosa. Ariosto manda Astolfo in groppa al suo ippogrifo a cercare sulla luna il senno smarrito di Orlando. Un secolo dopo Savinien Cyrano de Bergerac immagina strumenti già più scientifici, ampolle di rugiada ma anche razzi al salnitro per arrivarvi, e prepara la strada al romanzo quasi profetico di Jules Verne, Dalla Terra alla Luna. Edgar Allan Poe, nell'Impareggiabile avventura di un certo Hans Pfaall, inventa un personaggio che fugge sulla luna in pallone dopo l'assassinio di tre creditori, e, come già raccontando l'incontro con il Maelstrom dei tre marinai delle Lofoten e in tutta la sua opera, carica il fantastico di significati misteriosi e metafisici, divenendo il maestro assoluto dei generi del thriller, del noir, dell'horror, oggi così in voga.

Quanto a Leopardi e a Calvino, la lunga e profonda traccia lunare che passa attraverso le loro opere non appartiene soltanto al fantastico, ma a alla più alta riflessione che la letteratura, attraverso l'osservazione di quell'astro ambivalente, proteiforme, inquieto, abbia fatto sul destino dell'essere umano, sulla sua anima e sul cosmo.

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