Ora Santoro (ri)tratta con La7: il talk show in onda da settembre

L’anchorman ha ripreso le trattative con la rete di Telecom. L’anno scorso saltò tutto e lui diede vita al network di reti locali

Ora Santoro (ri)tratta  con La7: il talk show in onda da settembre

Alla faccia del circuito alternativo ai grandi poli televisivi. Alla faccia della libertà editoriale totale e assoluta. Alla faccia della lotta dura e pura contro i poteri forti. Alla faccia delle piccole emittenti che in lui avevano trovato l’uomo forte per la loro battaglia di sopravvivenza. Semmai - e ribadiamo semmai (visti i trascorsi infruttuosi) - questa volta le trattative in corso dovessero andare in porto, Michele Santoro potrebbe approdare a La7. Sì, a La7, quella rete in cui l’anchorman sarebbe dovuto arrivare il settembre scorso, dopo il clamoroso e complesso addio alla Rai. L’accordo con la rete di Telecom Italia saltò sulla questione dell’autonomia: Santoro la voleva assoluta (non aveva intenzione di sottoporre a nessuno temi, ospiti e scalette), l’amministratore delegato Giovanni Stella gliela negò (nei termini che desiderava lui) e alla fine saltò tutto: il giornalista allora, circondandosi di un’aureola ancora più luminosa di martire della libertà di stampa, mise in piedi Servizio Pubblico, il programma supportato da un network di emittenti locali e trasmesso anche da alcuni canali Sky e in streaming. Beh - diciamocela tutta - non è andata malissimo: il programma si porta a casa una media di ascolti tra il 6 e il 7 per cento. Nulla a che vedere, ovviamente, con quanto realizzava su Raidue, ma bisogna considerare la ristrettezza dei mezzi a disposizione, a cui si è aggiunta la «sfortuna» della sparizione del bersaglio preferito nonché decuplicatore di ascolti (e cioè l’ex premier). Comunque, ora, tutto questo potrebbe finire negli archivi.

Perché nel caso - hanno appena cominciato a riparlarsi - in cui Santoro e il «canaro» (soprannome di Giovanni Stella) si trovassero sulla stessa lunghezza d’onda (l’anno scorso si scambiarono accuse terribili), l’anchorman dovrebbe ovviamente abbandonare il progetto in corso. E riproporre il suo talk rivisto e corretto (ma in sostanza con la stessa formula uguale da un ventennio) con ancora più forza su La7. Da quelle parti, infatti, mica l’attendono come il messia di una nuova era della libertà televisiva, semmai come il salvatore (o uno dei salvatori) dei conti economici, più precisamente degli ascolti Auditel. Si sa, la rete Telecom si è persa un po’ per strada: dopo aver puntato tutto sull’informazione e sul conflitto politico, l’arrivo di «rigor montis» ha smontato l’impianto del gruppo «barricadero» Dandini-Guzzanti-Bignardi. E, ora per rimettere in riga il palinsesto, si sta ricorrendo ai ripari. Certo, pure Santoro fa parte della categoria degli «orfani di Berlusconi», però il giornalista con una vera rete alle spalle può dare ancora molto e, poi, cosa salterebbe fuori da un’accoppiata con Mentana (magari con degli speciali di prima serata)? Il direttore del TgLa7 è stato l’anno scorso grande sponsor del collega: arrivò ad annunciare in diretta, in maniera troppo affrettata, il suo probabile arrivo. Poi ci rimase male per il mancato accordo e per le polemiche che ne seguirono sui «diversamene liberi».

Santoro, dunque, dovrà rimangiarsi (ma nessuno glielo chiederà pubblicamente) le accuse fatte a Stella di aver cambiato idea sul suo ingaggio per «colpa di un intervento dell’allora premier che avrebbe messo in difficoltà la Telecom» e quelle allo stesso Mentana di essere poco avvezzo alle battaglie per la libertà d’informazione. Comunque - sempre nel caso in cui vedremo veramente Michele sugli schermi de La7 a settembre - si dovrà trovare un altro spazio a Corrado Formigli, l’ex delfino di Santoro che, nello spazio che doveva essere del maestro, ha realizzato una buona trasmissione con livelli di ascolti positivi.

Ma non sarà difficile trovare altre serate libere in palinsesto: probabilmente l’anno prossimo non ci saranno più Un due tre stella della Guzzanti e The show must go off della Dandini che invece non hanno raggiunto gli obiettivi sperati.
Insomma, per Paolo Ruffini, il neo direttore di rete, si prospetta un compito difficile: rifare tutto da capo e sperare nell’arrivo del «salvatore».

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