Il festival di Sanremo è l'evento nazionalpopolare per eccellenza del nostro Paese. Da 72 anni le canzoni del teatro Ariston catalizzano l'attenzione degli italiani davanti alla tv in quella che viene considerata come la settimana santa laica dell'Italia. È il festival della canzone popolare ma è anche un grandissimo megafono che amplifica i temi sociali di maggiore attualità nel Paese. Ed è proprio su questo tema che è arrivato un richiamo da parte del vescovo di Sanremo, mons. Antonio Suetta, che ha invitato tutti i protagonisti della kermesse, a ogni livello, ad adottare un atteggiamento di buon senso.
Che il palco di Sanremo sia spesso un veicolo per la strumentalizzazione di certi temi lo dimostrano le edizioni precedenti ma anche quest'ultima, che ancora deve partire, ha già messo le basi in tal senso. La prima polemica è nata per la presenza sul palco del primo personaggio en travesti nella storia del festival di Sanremo. Drusilla Foer, interpretata da Gianluca Gori, ha scaldato gli animi dei soliti paladini rainbow, che hanno ben pensato di mettere la bandierina sulla co-conduttrice, gridando alla rivendicazione della battaglia per i diritti Lgbt. Inutile dire che con questi temi Drusilla Foer non abbia attinenza, visto che non si tratta di una drag queen ma di una interpretazione artistica come tante ce ne sono state anche in passato, senza tutto questo clamore.
Quest'anno, poi, si sta affacciando al teatro Ariston anche la battaglia per la legalizzazione della cannabis, partendo da Ornella Muti, che co-condurrà la prima serata del Festival, passando per Dargen D'amico. La prima si è mostrata con un ciondolo a forma di foglie di marijuana in una pausa delle prove al teatro Ariston ed è nota per le sue posizioni a favore della legalizzazione. Il secondo, invece, ha effettuato il primo green carpet della kermesse indossando un discutibile paio di calzini raffiguranti le foglie di marijuana.
Il Festival di Sanremo, "pure rimanendo un evento 'leggero' da più di 70 anni, rappresenta una vetrina significativa dal punto di vista culturale e di costume. Pertanto, l'auspicio è che tutti coloro che concorrono alla riuscita dell'evento, a cominciare dal servizio pubblico che è la Rai fino ad arrivare al conduttore e agli artisti, sentano la responsabilità del valore di questa vetrina". Questo è il monito di mons. Antonio Suetta, vescovo di Sanremo, all'agenzia Sir, il servizio di informazione religiosa della Cei.
L'esponente del clero ha fatto riferimento alle polemiche degli scorsi anni su questioni non legate alla rassegna musicale, sulle quali il vescovo sottolinea che "si può proporre buona musica, si può esprimere arte e si può divertire rimanendo dentro dei limiti che devono comunque rispettare quella che è la fisionomia del nostro Paese, della nostra società e della nostra storia". E questo, nel recente passato, "non è accaduto, perché da un certo punto di vista il Festival è naturalmente una cassa di risonanza per tendenze di costume e culturali, ma ultimamente è diventato anche amplificatore di determinate mode o ideologie che secondo me dovrebbero essere gestite e trattate in maniera diversa".
Secondo mons.
Suetta, infatti, per certi temi è necessario soffermarsi per discutere, "oppure alcuni argomenti vengono confinati in maniera riduttiva in un contesto al quale non appartengono. Questo oltre che non sufficiente può diventare pericoloso".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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