August Srindberg scrisse Il padre in pochi mesi nel 1887. È una tragedia bella e molto forte che fin dalla sua uscita è piaciuta al pubblico. «Lei sa che per principio sono contrario all'astrazione», scriveva Zola a Strindberg che lo aveva interpellato perché leggesse il suo copione. Scritto con l'accetta e non con la penna. A quei tempi non si praticava il test per accertare la paternità biologica. Dunque «mater semper certa e pater incertus». Da questo assioma prende spunto il conflitto tra il Capitano e sua moglie, la quale gli insinua il volgare sospetto che Berta non sia sua figlia. Lo fa soltanto per strappargli il potere sulla sua educazione. Infatti lui la vorrebbe atea, ben educata secondo i suoi sani principi. Mentre lei vorrebbe che restasse chiusa in casa per allevarla nell'alveo della religione. Un dubbio che alla fine lo condurrà alla follia. Ma non per la madre che, da ape regina, otterrà il pieno possesso sulla volontà della figlia. Al contrario del teatro allora in voga, Strindberg è convinto che le corna conducano alla tragedia. Gabriele Lavia è attratto da questo testo, forse incoraggiato da quelle sublimi esuberanze che tanto lo attraggono.
Ingabbiato in una scenografia rosso sangue di Alessandro Camera con gli appropriati costumi di Andrea Viotti, lo spettacolo vede insieme al nostro mattatore anche la strepitosa Federica De Martino (la moglie) oltre che Chiara Colombo (la figlia) e a Gianni De Lellis (il prete). Bellissimo allestimento e strepitosa accoglienza da parte del pubblico, soprattutto quello femminile.IL PADRE - Torino, Teatro Stabile.
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