In Parlamento un giro di parole per salvare l'idea comunista

In Parlamento un giro di parole per salvare l'idea comunista

È caduto il comunismo quando è caduto il Muro? La domanda potrebbe sembrare semplice ma in politica non lo è, come dimostra il parapiglia in commissione Cultura della Camera, dove la sinistra radicale di Leu voleva espungere le espressioni «comunismo» e «dittatura comunista» per parlare di ciò che accadeva a Berlino Est, in Unione sovietica e negli altri Paesi d'oltrecortina. Meglio un più edulcorato «dittatura del socialismo reale» per trasmettere alle giovani generazioni la memoria di ciò che è stato. Il dibattito si è acceso proprio su una risoluzione che impegna il governo a moltiplicare le iniziative di ricordo della caduta del Muro nelle scuole e nelle università.

Quasi fuori tempo massimo, all'antivigilia del trentesimo anniversario del 9 novembre 1989 dichiarato con legge del 2005 Giorno della libertà, è arrivato il compromesso storico, con una risoluzione votata da maggioranza e opposizione. In un soprassalto di senso della realtà storica, il «comunismo» è tornato a esistere insieme alla «dittatura». Ma, recita il documento, la «libertà» è stata ritrovata «dopo decenni di dittatura imposta in nome del comunismo». Non una dittatura comunista ma «una dittatura imposta in nome del comunismo».

Un giro di parole politicamente corrette che è piaciuto a tutti, forse anche perché ciascuno è libero di interpretarle a proprio modo. «Imposta in nome del comunismo» può significare che il comunismo in sé non fosse un'ideologia perversa, come potranno leggere e supporre senza sussulti tutti coloro che ne sono orfani e anzi continuano a credere che nel Manifesto del Partito comunista, tra le parole di Marx e Engels, nel materialismo dialettico, nella lotta di classe, fossero nascoste giustizia, uguaglianza e fraternità, e se poi mancava la libertà poco male, ma era un bellissimo progetto di vita e società incompreso, realizzato peggio, trasformatosi in orrore e violenza, in un'eterogenesi dei fini che inevitabilmente rimane incomprensibile.

Ma «dittatura imposta in nome del comunismo nei paesi del cosiddetto socialismo reale» può significare anche altro, quasi l'opposto, e cioè che quel «comunismo» che sarebbe morto il 9 novembre 1989, sbriciolato insieme al Muro di Berlino, in realtà non è morto, anzi è vivo e vegeto e lotta ancora contro di noi, nei Paesi in cui oggi esiste una dittatura imposta nel suo nome. Il Partito comunista cinese, la seconda formazione politica più grande del mondo, governa la Repubblica popolare cinese. Segretario e presidente sono un'unica persona che può rimanere al potere a vita. Non è l'unico Paese in cui ciò accade.

Nella circolare del Miur alle scuole si parla della caduta del Muro come «evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le

popolazioni tuttora soggette al totalitarismo». E allora una delle domande dell'oggi, a trent'anni dalla caduta del Muro, resta una grande muraglia anche a scuola. Esiste ancora o no la «dittatura imposta nel nome del comunismo»?

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