«Con una pervicacia inaudita il signor Gentile seguita a perseguitarmi. Non è affatto vera l'intermittenza delle mie lezioni; e puoi sincerartene tu stesso guardando il registro delle mie lezioni, che troverai sullo scaffale sotto il palchetto dei registri». Così un affranto Luigi Pirandello scriveva al collega docente Manfredi Porena (celebre filologo), il 26 maggio 1922, lamentandosi dei rimproveri nei suoi confronti da parte del filosofo Giovanni Gentile, Regio Commissario dell'Istituto Magistrale di Roma e futuro ministro dell'Istruzione del governo di Benito Mussolini (a partire dall'ottobre del 1922).
La lettera da cui è tratto lo stralcio fa parte di un carteggio inedito tra Pirandello e Porena, custodito nel Centro archivistico della Scuola Normale Superiore di Pisa, e ora pubblicato dalla rivista Nuova Antologia (Fondazione Spadolini - Edizioni Polistampa) a cura di Elio Providenti, noto studioso pirandelliano e per quasi trent'anni, dal 1964 al 1993, direttore del Servizio Biblioteca e Archivio del Quirinale.
Gentile aveva contestato formalmente allo scrittore e drammaturgo (che vincerà il Nobel nel 1934) ripetute assenze dalla cattedra di stilistica del Magistero a causa dei suoi impegni artistici nei teatri. E Pirandello per difendersi chiedeva all'amico di testimoniare in suo favore in sede disciplinare: «Caro Porena, vedrai che, tranne qualche breve assenza per malattia... e tranne una breve gita a Milano per il mio Enrico IV (per cui andai personalmente a chieder licenza a S. E. Anile, e di qui le ire del signor Gentile, che pretendeva che mi recassi da lui!), gita, del resto, che non mi fece perdere che due soli giorni di lezione; togliendo le vacanze di cui abbiamo tutti goduto per Natale, Pasqua, ecc., e tenendo conto che i miei giorni di scuola nella settimana sono soltanto due, il mercoledì e il venerdì; vedrai, dicevo, che io ho fatto regolarmente come gli altri le mie lezioni, che finora sono sessantadue o sessantatré e che saranno circa una settantina a fin d'anno. Ti dico questo per la verità. E te ne do la prova nel mio registro. So la tua amicizia per me e conosco la tua coscienza». Poi l'attacco diretto al filosofo maestro dell'idealismo: «Credi, caro Porena, che il signor Gentile è mosso contro me da un laido rancore. Ma tu regolati come la tua coscienza ti detta. Comunica, se vuoi, questa lettera agli altri nostri Colleghi, e credimi sempre, con l'antico fraterno affetto tuo Luigi Pirandello».
Nel finale della lettera però il drammaturgo pare preda dello sconforto. Spiega in un post scriptum: «Domanderò a fin d'anno, non so ancora se l'aspettativa per motivi di salute, o addirittura il riposo. Ma non vorrei che paresse per paura del signor Gentile - precisava -. Nella mia coscienza, a cui puoi credere, non ho nulla da temere di nessuno. Non ho fatto assenze che non siano state giustificate da motivi di salute o da licenza avutane da S.
E. il Ministro. Nessuna, nessuna per negligenza del mio officio d'insegnante».In effetti dall'anno a seguire si dedicò sempre di più al teatro sino a fondare fondò la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma attiva dal 1925.
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