Teste rasate, mazze e lame. La dolcezza di Partenope e la crudezza di un esercito che difende la propria fede, la propria città, la propria bandiera. E «affanculo chi ci ha mollato per la via!», gridano i tifosi organizzati di Napoli. E' il mondo di Ultras, film d'esordio di Francesco Lettieri, regista partenopeo classe 1985, che per la prima volta racconta l'universo del tifo organizzato intorno al San Paolo. Targato Netflix, produttore insieme a Indigo Film e a Mediaset, tale racconto di formazione in alcuni cinema selezionati il 9, 10 e 11 marzo, mentre il 20 sarà su Netflix - gode della colonna sonora di Liberato e di attori collaudati come Aniello Arena (è Sandro, capo del gruppo Apache con cui ha passato la vita allo stadio), visto in Dogman di Matteo Garrone e Antonia Truppo, Ciro Nacca, Simone Borrelli. «Da regista di videoclip ero pronto per scrivere un film, rielaborandolo da un vecchio soggetto per Calcutta, ambientato a Latina. Ho spostato il cuore dell'azione a Napoli, dove c'è una particolarità: qui si fa il tifo per un'unica squadra», spiega Lettieri, nome noto sulla scena dei video musicali, avendo collaborato con Thegiornalisti, Motta e Noyz Narcos.
Qual è la storia all'interno del complesso mondo degli ultras, movimento più violento rispetto ai folcloristici «ultra» (senza s) degli anni Ottanta? Il perno della narrazione ruota sull'amicizia tra il cinquantenne Sandro, leader in decadenza e l'adolescente Angelo (Ciro Nacca), orfano d'un fratello vittima della tifoseria estremista: tra i due nasce un rapporto padre/figlio, cementato dal senso d'appartenenza al gruppo. Mentre la stagione sportiva volge al termine e sale la febbre da scudetto, Sandro, stanco di anni di violenza e scontri con la polizia, scoprirà l'amore per la prima volta. E grazie a Terry (Antonia Truppo) capirà che un'altra vita, più normale, è possibile. Magari, non è un caso che il film si apra e si chiuda con l'immagine d'una chiesa.
«Nella figura dell'ultra Sandro c'è molto romanticismo. Da analfabeta del calcio, mi sono messa subito al servizio dei sentimenti popolari con un personaggio di donna indipendente e diretta», spiega la Truppo, due volte vincitrice del David di Donatello. Assistendo ai riti degli Ultras, sorta di setta religiosa dove ci si rasa la testa e si urla per la bandiera, si pensa che tanta ricerca del senso d'appartenenza possa essere una sfida al modello globalista, ora più che mai in crisi. «Difficile raccontare il movimento ultras, diverso dagli Hooligans dell'Est. Tra Napoli, Roma e Milano, i modi di vivere il movimento divergono. Certo, ci si sente forti del gruppo, portatori d'una cultura, d'una città.
Gli stessi ultras m'hanno raccontato che prima esistevano le guerre e siccome oggi non ci sono più, cercare lo scontro, per loro, è uno sfogo», dichiara Lettieri, che ha affidato la fotografia a Gianluca Palma, il suo «occhio» di fiducia.
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