Poi uno dice Beppe Carletti. È la guida della più longeva band italiana (e una delle più longeve del mondo) e ha fondato i Nomadi quando, per dire, il presidente del Consiglio era Amintore Fanfani, ossia nel 1963, e Mario Draghi aveva 16 anni. Un'era geologica fa. Ma lui ha lo stesso entusiasmo di allora, forse persino di più e dire che ha 74 anni (uno più di Draghi) portati con l'orgoglio modenese di chi ha vissuto con la musica sulla strada. Solo esseri umani, il nuovo disco dei Nomadi per Bmg, ha debuttato al primo posto di iTunes e nella Top 5 della classifica Fimi senza bisogno dell'appoggio di influencer, di Tik Tok, di social a tappeto oppure delle playlist di Spotify. «Siamo artigiani, ma nelle nostre canzoni e nei nostri concerti mettiamo tutto l'impegno che possiamo metterci». Una lezione, specialmente nell'epoca in cui spesso la musica è solo la colonna sonora delle stories di Instagram.
Beppe Carletti, a che album siete arrivati?
«Mah, questo dovrebbe essere il 36esimo».
L'incertezza rende l'idea di quanto sia lunga la carriera dei Nomadi.
«Eh, ne abbiamo fatta tanta, di strada, dalle balere emiliane fino alle tournèe in giro per l'Italia. Per noi la dimensione giusta è sempre stata quella sul palco. Quando c'era ancora Augusto (Daolio, l'altro fondatore, scomparso nel 1992 - ndr) spesso suonavamo tre ore, tre ore e mezza, quattro finché la sala si svuotava e dovevamo smettere».
Nel nuovo disco c'è un brano dedicato a lui. Per la prima volta. È Il segno del fuoriclasse.
«L'ho voluto io perché, dopo tanto tempo, non credo possano dire che siamo opportunisti a farlo. Augusto era un fuoriclasse, uno che ha lasciato il segno e che si sarebbe meritato di più. Sia allora che oggi».
Il disco si intitola Solo esseri umani.
«È un titolo che ha tante possibili interpretazioni e non si riferisce soltanto a chi, in questa fase storica, diventa migrante. È pensato per tutti perché per tutti ci deve essere rispetto reciproco».
Dello stesso brano c'è anche una versione con Enzo Iacchetti.
«Enzino è un amico e dà del brano una interpretazione teatrale».
Il sottotitolo del disco è Valori - Amore - Vita.
«Sono cardini fondamentali dell'esistenza».
Qual è il valore dei Nomadi?
«Senza dubbio la coerenza. Noi siamo andati sempre avanti per la nostra strada. Per capirci, va di moda il rosa? E noi andiamo avanti con il nostro azzurro».
Un brano si intitola C'eri anche tu.
«È un pensiero ai nostri migranti che andavano in America con la valigia di cartone e spesso non avevano neanche lacrime a sufficienza per piangere».
Nel disco suonate tutto, non ci sono trucchetti digitali.
«Ma figurarsi, il batterista suona e così pure tutti gli altri. Non siamo virtuosi ma ci diamo da fare. Anzi, per dirla tutta...».
Per dirla tutta?
«Visto che quando l'abbiamo registrato c'era il lockdown, ci siamo presi tutto il tempo che volevamo. Mai stati così tanto in studio. E ci siamo divertiti come in concerto».
A proposito, quando parte l'ennesimo tour dei Nomadi?
«Dateci il là e partiamo. Abbiamo già una ventina di location ma siamo pronti a firmare i contratti per tante altre date. Va bene lo streaming ma la gente ha voglia di sentire una band che suona sul palco».
L'anno scorso avete comunque fatto un po' di concerti.
«Ed era meraviglioso vedere gli occhi del pubblico sorridere. Avevano tutti le mascherine e quello era l'unico modo per capire che cosa stessero provando: guardare gli occhi».
A 74 anni non ha voglia di restarsene un po' a casa?
«Senza palco a casa mia dopo un po' mi innervosisco». (sorride - ndr).
Quando si fermeranno i Nomadi?
«Fermarci? Ma non scherzare. Se muoio sul palco a me va bene».
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