da Torino
Breve ma forse non inutile elenco di alcune cose (evitabili) viste e sentite al Salone del libro.
SI È PERSO UN PADIGLIONE
Dato il boom di richieste, alcuni editori erano rimasti fuori e l'organizzazione li ha fatti rientrare dal cortile. Creando 1500 mq raggiungibili dal padiglione 3, che in breve sono diventati un ghetto non segnalato e irraggiungibile, il «padiglione degli ultimi», il 4. Alcuni minacciano di chiedere i danni, parte la polemica, locale e nazionale. Che cosa risponde il Salone? Che li ha sponsorizzati «al massimo»: con un pop up sull'app, con cartelli in più, con lo spostamento del Caffè letterario dal 2 al 4, con un «punto food con dehors», con una tappa apposita del «giro scolaresche». Ma soprattutto con un post del direttore Nicola Lagioia a suo proprio nome. Accipicchia.
QUATTRO IN CONDOTTA
Le condizioni dettate ieri alla Sala azzurra per ascoltare Jeremy Rifkin e il suo racconto di un «nuovo» modello di economia collaborativa hanno toccato momenti di ridicolo: «Il relatore non vuole che si entri in ritardo. Non vuole nessuna persona in piedi. Non vuole che si esca prima della fine». E non vuole che si parli, visto che personalmente zittisce stizzito un signore in prima fila che si è permesso un commento con la vicina di sedia. Un'ora di modellizzazione dell'esistente conclusa con un monito all'Italia: Mi frustrate: avete il tasso di creatività pro capite più alto del mondo e non riuscite a sbarazzarvi di una politica disfunzionale creando le vostre communities. Bocciati e felici.
LA STRANA COPPIA
Da qualche anno Fabio Volo fa presentazioni in coppia con il linguista Andrea Moro. Col tempo però la formula, stile «il braccio e la mente», ripetuta anche a SalTo18, ha generato mostri: Moro è appassito e fa ormai fatica a infilare un concetto memorabile, mentre Volo, tra i due, sembra il vero scienziato.
UN GIORNO TUTTO QUESTO
Con manifesto e slogan rivolti alle generazioni future, ci si aspettava che SalTo18 avesse trovato il modo di sposare teenager e Millennial con i libri della loro vita. E invece l'incontro in cui si è rilevato il più alto tasso emotivo è stato «Rivoluzione Youtuber», per celebrare il libro in cui le webstar si confessano. Applausi, risate, commozione, insomma vita su Marte: gli Youtuber erano più veri, coinvolti e meno prevedibili di tanti scrittori mummificati, che invitiamo a prendere lezioni di realtà e di presentazione libri dagli influencer digitali.
MA LE SERIE TV?
Sala gialla esaurita sabato e un ritardo di 40 minuti sull'orario d'inizio (ma è stata la regola del Salone, ritardi ovunque, 40 minuti anche per Travaglio, Michele Serra 45, e nessuno si scusa): alla fine però Saviano arriva (si era attardato a fare due chiacchiere con Laura Boldrini), per parlare di serie tv (dopo Gomorra, lui dovrebbe essere un esperto di serie A). L'esordio fa tenerezza: il suo rapporto d'amore con le serie tv è iniziato con Arnold e ha passato l'infanzia a desiderare il suo letto a castello. Il seguito fa colpo di sonno: negli anni '80 tutto era droga, disimpegno e cartoni giapponesi; l'intrattenimento funziona perché è comprensibile, perché non lo diventa anche la saggistica?; le serie prevedono sempre lo scontro tra bene e male: solo Gomorra è diversa: prevede lo scontro tra male e male. Qualcuno sbadiglia. E così, dal nulla, Saviano passa a parlare di governo, Salvini, Rai. Qualcuno esce. Una noia seriale.
SIAMO TUTTI TRONISTI
Premesso che l'incontro dedicato a Game of Thrones è andato bene (Sala rossa strapiena, pubblico caldissimo, quizzone sui personaggi con vincita libri in diretta), l'entusiasmo dei relatori è andato oltre: la serie di George R. R. Martin è stata omaggiata come il più grande classico del Novecento, figlia dell'Odissea, cugina dell'Eneide, amica di Shakespeare, compagna di banco di Tolkien. E quindi must intellettuale di riferimento.
La ciliegina sulla torta l'ha messa l'intervento di Rosa Polacco: «Mi chiedo: Daenerys Targaryen, madre dei draghi, sarebbe di destra, di sinistra o populista come incarnazione del superamento degli schieramenti? E come vivrebbe il MeToo? Mai vorremmo vederla a casa a pettinare draghi, cucinar stufato o aggiustare calzari». L'inverno sta arrivando, per la letteratura.
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