Bizzarri, ma con una strategia, i Flaming Lips sono probabilmente la band rock più strana del mondo. E anche quella che detiene il maggior numero di record. Sono a tutti gli effetti da Guinness, qualcuno lo dica a chi compila il famoso annuario, nella nuova edizione non c'è nulla su di loro.
Di recente hanno pubblicato un cd in coabitazione con un numero impressionante di ospiti. Ogni brano, un collaboratore diverso. «Per liberarsi dagli automatismi, evitare di avere un solo suono, e smetterla, per qualche minuto, di essere noi stessi», ha spiegato Wayne Coyne, cantante e leader del gruppo di Oklahoma. In The Flaming Lips and Heady Fwends sfila il gotha della musica «alternativa»: Yoko Ono, Nick Cave, Bon Iver, Lightning Bolt, Ke$ha e Erykah Badu, tanto per citare qualche artista. Si ascolta letteralmente di tutto. Tonnellate di psichedelia, il marchio di fabbrica, declinata nei generi più disparati dal soul all'hip hop, dal folk al rock.
Prima di questo exploit, i Flaming Lips avevano già dato numerosi segni di non voler essere «solo» i Flaming Lips. Andiamo a ritroso nel tempo. Nell'ottobre 2011 incidono, per beneficenza, un brano di sei ore (avete letto bene, non è un refuso). Nel testo, Coyne inserisce il nome di chiunque abbia mandato un contributo di 100 dollari per salvare la Central Oklahoma Humane Society e la Academy of Contemporary Music at the University of Central Oklahoma. Per ascoltare la canzone successiva, pubblicata poche settimane dopo, dovete prendere un giorno di ferie e bere molto caffè: 7 Skies H3 dura 24 ore. È più nota come Skull song, canzone del teschio. Infatti se avete circa 5mila dollari da investire potete ascoltarla fuoriuscire da un autentico teschio umano con casse incorporate, un simpatico (?) gadget messo a disposizione dei fan facoltosi. Prima però dovete convincere uno dei 13 collezionisti a vendervi la sua copia, non ne esistono altre. Nel 2009 era uscito un disco in gara per un doppio riconoscimento: titolo più lungo della storia e miglior tentativo di suicidio artistico. The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing The Dark Side of the Moon è il rifacimento (integrale!) di uno degli album più acclamati, amati e venduti: The Dark Side of the Moon, appunto, dei Pink Floyd. Facile andare a sbattere contro il muro, quando ci si misura con un oggetto di culto. Invece l'album è bello e pure di relativo richiamo. In quanto alla lunghezza del titolo, i Flaming Lips non riescono a battere se stessi. Il primato resta della canzone What Is the Light? (An Untested Hypothesis Suggesting That the Chemical - IN OUR BRAINS - by Which We Are Able to Experience the Sensation of Being in Love Is the Same Chemical That Caused the Big Bang That Was the Birth of the Accelerating Universe).
Passiamo subito al 1997, anche se in mezzo ci sarebbe almeno un'altra dozzina di follie da raccontare, dai cd flessibili al fatto che il senato dell'Oklahoma ha votato all'unanimità Do You Realize?? come canzone rock ufficiale dello Stato. Il 1997, dunque. In quell'anno i Flaming Lips incidono Zaireeka. Al fine di poterlo apprezzare per intero, dovete però comprare 4 cd e farli partire contemporaneamente da altrettanti lettori, altrimenti nisba. Seguono concerti (ehm...) nei parcheggi, con musicassette «suonate» all'unisono da 40 autoradio.
In questa apparente pazzia, legata in realtà a sperimentazioni di compositori come Cage e Satie, c'è un disegno: trovare nuovi suoni e utilizzarli nella produzione di brani più convenzionali. La cosa divertente di queste singolari vicende potrebbe essere questa: i Flaming Lips sono il gruppo più strano del mondo, come si diceva all'inizio, eppure sono sotto contratto con una major, la Warner Bros. Si direbbero privi di potenziale commerciale, ma hanno centrato qualche hit minore che ha «rischiato» di proiettarli nell'Olimpo. In fondo, avrebbero potuto diventare «enormi» come i Rem. Ben supportati dall'industria, almeno fino a qui, hanno invece scelto una strada diversa. Dopo essersi conquistati una solida base di fan, anche a colpi di serate-happening memorabili (Wayne Coyne, a esempio, passeggia tra il pubblico immerso in una enorme bolla di plastica), i Flaming Lips sono sempre stati attenti a non tradire le aspettative e a non abbassare mai l'asticella della qualità, pur sbagliando come tutti. Così album tradizionali come The Soft Bullettin (considerato il loro capolavoro e vicino ai Beach Boys più pazzerelli), Yoshimi Battles the Pink Robots, Embryonic hanno anche incassato discretamente, collocandosi tra gli aspiranti classici e long seller.
Attivi dal 1983, con la Warner dal 1991, i Flaming Lips sono la testimonianza vivente che la discografia in questi anni di vendite magre avrebbe potuto lavorare meglio, e forse alla lunga guadagnare di più, evitando di porre le band di fronte al dilemma: o brano da Top Ten o subito a coltivare i campi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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