A un certo punto, l'addetta sottopagata dell'ufficio stampa butta lì una proposta per salvare la letteratura (o ciò che ne resta): «Comincerei col mettere le parole a pagamento». Provocazione? Auspicio condivisibile? Autoironia? Lei è Glenda, il marito, Antonio, è un editore indipendente, tradotto in soldoni, «con le pezze al culo». Glenda e Antonio sono amicissimi, testimoni di nozze perfino, di Veronica e Tommaso, una amicizia così sincera da sfiorare l'ostilità aperta, anche perché, mentre Glenda e Antonio si arrabattano in un bilocale, Veronica e Tommaso hanno appena traslocato in 120 metri quadri col garage; del resto, lei è una figlia di papà, e che papà, il Magnifico Rettore, il quale, curiosamente, le ha trovato un impiego in Università, e lui è uno scrittore, maledetto, o forse maledettista, un poco in crisi creativa. Di più: uno scrittore che ha appena ricevuto il gran rifiuto da un editore, e quell'editore è il suo migliore amico, Antonio. E poi c'è Camilla Lellis, la scrittrice derisa dai critici che però vende migliaia di copie in tutto il mondo, coi suoi romanzi ex rosa diventati pornobestseller al femminile... Come amante ha ovviamente Eugenio, il Cobra, il numero uno degli agenti letterari, mentre il marito è un esperto di fibra ottica, che conia aforismi su Roma sulla falsariga di Flaiano. E infine, ma non per il divertimento che suscitano, ci sono Carlo, il decano dei critici letterari, trombone e sessualmente frustrato, la ex moglie Nora, autrice di un capolavoro ormai finita nel dimenticatoio, e la nuova fiamma di lei, Nanni, diciannove anni più giovane, al suo esordio letterario, con un romanzo che, per coincidenza, sarà recensito proprio da Carlo, nel pezzo più importante sul supplemento domenicale più prestigioso.
Ed ecco qua, serviti, gli ingredienti di Gli invernali (La nave di Teseo, pagg. 240, euro 18, da oggi in libreria), il nuovo romanzo di Luca Ricci, il terzo della sua quadrilogia dedicata alle stagioni, che sguazza e si fa ampiamente beffe del mondo culturale italiano. Si potrebbe pensare che un romanzo che racconti di scrittori, editoria, critici e uffici stampa sia noioso quanto una cena di giornalisti, in cui i commensali parlino solo di giornalismo e di altri giornalisti (il che avviene sempre...), e invece non è così: Gli invernali è uno spasso, un susseguirsi di dialoghi che fanno a pezzi tutti i luoghi comuni, le piccolezze, i vizi, le presunte virtù, le invidie, la ridicolaggine, l'arroganza e la vacuità dei cosiddetti intellettuali. Il tono è subito chiaro, dall'invettiva della prima pagina sui lettori, che ormai sono dei non lettori: «Il problema è che in Italia la percentuale dei lettori forti è ridicola, che poi è proprio sbagliato l'aggettivo forte, che questi qui mica leggono Thomas Bernhard o James Joyce, questi leggono una dozzina di libri l'anno da classifica, leggono Camilla Lellis, se proprio va bene qualche gialletto, non so se mi spiego, non bisognerebbe chiamarli forti, col cazzo, bisognerebbe chiamarli unici, nel senso che sono i soli lettori che abbiamo, sono i lettori che passa il convento, per il resto le persone trascorrono le loro giornate sul telefonino, la loro vita online è decisamente più eccitante della loro vita offline, ecco cosa, non c'entra neanche la concorrenza degli ebook, cazzeggiare in rete soddisfa perfettamente il loro fabbisogno giornaliero di lettura, contenuti gratuiti, articoli, stralci di questo o di quello, recensioni - di libri non letti -, post, chat, messaggistica...». «E tu l'ultimo libro che hai letto?» «Scherzi? Io sono troppo occupato a scrivere i miei».
Per dire, non che non ci sia del vero, anzi, ce n'è perfino troppo. Come è vero che chi critica il sistema, di solito, è il primo che sarebbe disposto a vendere sua madre, pur di entrare a farne parte. E sarà vero anche, come sostiene Carlo, che la piaga di Roma siano le terrazze, quelle dove si svolge la stagione letteraria cittadina (rigorosamente da aprile a ottobre) e che, non fossero esistite le terrazze romane, ma soltanto i garage, la cultura in Italia sarebbe un'altra cosa; eppure è proprio Carlo che, per vendicarsi di Nora che lo ha lasciato, l'ha fatta escludere dallo Strega e le ha tagliato qualsiasi contatto con gli editori, tutti suoi amici...
Da mezzanotte a mezzanotte, questa agonia del mondo letterario o forse, più prosaicamente, dei circoletti letterari, si consuma in una notte d'inverno, fra perversioni erotiche sobillate dal dibattito sulla cancel culture, esilaranti sceneggiate all'asilo nido, isteriche tirate sui pregiudizi nei confronti delle scrittrici, mediocri che si impermalosiscono, gelosie
retroattive, ossessioni su ossessioni che trovano sfogo nel (quasi liberatorio) finale. Perché a Roma, in fondo, neanche l'inverno è vero, è soltanto «il funerale dell'autunno», e la neve è una promessa illusoria come ogni altra.
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