«I primi soldini li ho guadagnati a 13 anni scrivendo piccole cose. Ma già prima, a sette od otto anni, mettevo giù mini sceneggiature. Insomma, ho sempre scritto».
Ha scritto anche per la radio.
«La radio mi manca tantissimo. Ma intendo la radio come la facevo io, dando informazioni senza provocare. Ho pure vinto il premio Flaiano».
C'è sempre una nuova Enrica Bonaccorti da scoprire. Stavolta è la romanziera, visto che per Baldini+Castoldi è appena uscito Condominio, addio!, seguito de Il condominio uscito un paio d'anni fa. A leggerlo, sembra di sentirla parlare. E nello spirito del protagonista Cico, «un portatore sano di allegria», ci sono molti punti di contatto con questa signora del nostro spettacolo che il Catalogo dei viventi di Giorgio Dell'Arti inserisce tra i «5062 italiani notevoli» con questo biglietto da visita: «Attrice e conduttrice - una bellissima ragazza diventata adulta, ma rimasta entusiasta come una bambina». In effetti, anche a 72 anni, dopo decenni di carriera, Enrica Bonaccorti trasmette un buon senso e un garbo quasi senza tempo. Ha recitato a teatro, ha scritto canzoni, fatto sceneggiati in bianco e nero e televisione a colori (i colori dell'intrattenimento), ha persino recitato se stessa nel film Faccione di Christian De Sica e si è parlato di lei perché, come Brad Pitt, soffre di «prosopagnosia», ossia l'incapacità di distinguere i volti umani. A Candida Morvillo sul Corriere ha raccontato che «a un evento Fininvest chiacchieravo con un signore. Chiedo: Di cosa ti occupi adesso? Lui mi fa pat pat sulla spalla: Faccio sempre il presidente della Fininvest. Era Fedele Confalonieri».
Per capirci, ognuno ha la propria foto ricordo di Enrica Bonaccorti e per molti è quella di Non è la Rai su Canale 5 oppure quella ai Fatti vostri con Massimo Giletti. Insomma, nell'era del «tuttologismo» e dell'insulto un tanto al chilo, lei resta in controtendenza non soltanto quando passa in tv ma pure quando scrive.
In che cosa è simile a Cico, il protagonista del libro?
«Beh, lui a un certo punto dice: Se sto scomodo, mi sposto. Una riflessione che può tranquillamente appartenermi».
Si è spostata dal teatro alla tv dell'ora di pranzo alla scrittura di romanzi.
«A settembre ho perso l'amore più grande della mia vita dopo 24 anni insieme, Giacomo Paladino. Lui mi ha guidato a riprendere la penna in mano, a lui dedico questo libro che sono tornata a scrivere intorno a gennaio febbraio».
Come mai l'idea di un «sequel»?
«Me l'avevano chiesto in tanti tra coloro che avevano letto il primo libro. Poi è stata Elisabetta Sgarbi che ha insistito e mi ha convinto a farlo. In fondo, se non scrivo io non mi sento a posto». (sorride - ndr).
Anche canzoni, naturalmente. Ha contribuito a scrivere Amara terra mia con Domenico Modugno e pure La lontananza con la quale lui nel 1970 tornò al primo posto in classifica dopo anni.
«Ma non solo quello. Ho scritto anche per le Sorelle Bandiera e per i Metropole tra i quali c'era Mike Francis».
E perché non rimettere tutto insieme e aggiungerci qualche inedito per pubblicare finalmente un disco unico?
«In effetti un paio di cose secondo me abbastanza forti le avrei. Ma so già che non le scriverò mai».
Magari inediti già composti.
«Mi viene in mente che ho nel cassetto un inedito del 1971 o 1972 registrato negli studi della Rca con Domenico Modugno. Io parlo, lui canta. Di certo, quando lo riascolto mi sento con una voce che mi ammazzerei...».
Un brano quasi alla maniera di Gainsbourg e Birkin in Je t'aime... moi non plus.
«Io non l'ho detto».
Allora potrebbe scrivere una autobiografia. Sarebbe una parte di storia recente dello spettacolo italiano.
«Me l'hanno chiesto tante volte ma non me la sento. Non mi piace tirare fuori cose che poi mi fanno soffrire».
Enrica Bonaccorti ha fatto tv quando era obbligatorio moderare linguaggio e contenuti. Oggi ci pensa il «politicamente corretto».
«Io il politicamente corretto l'ho sempre usato naturalmente. Ma ora siamo in una situazione nella quale non si può praticamente più aprire bocca. È un po' esagerato, e ha come unica giustificazione quella di reagire alla violenza esagerata che c'era prima».
Idem la «cancel culture».
«A Roma c'è la stele di Mussolini. Magari limerei la scritta dux, ma non mi passa per la testa di voler cancellare il monumento».
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