Qualche mese fa, mi trovavo a Londra e un pomeriggio, facendo due passi lungo il Tamigi con un amico scrittore inglese, mi capitò di dirgli che avevo da poco terminato di tradurre il primo capitolo di una lunga saga di Jeffrey Archer, la saga dei Clifton. «Che fortuna!», mi disse, con malcelato sarcasmo, spingendosi a solidarizzare per la fatica che dovevo aver fatto per arrivare in fondo a un libro certamente noioso e mal scritto. Niente di più falso. Solo il tempo lo dirà, prima puntata dalla saga dei Clifton, mi ha appassionato come di rado mi capita nel mio lavoro.
Questa epopea corale ambientata tra 1920 e 1992 racconta settant'anni di storia attraverso la rivalità di due famiglie agli estremi opposti della scala sociale, i Clifton e i Barrington, mentre sullo sfondo si dipanano i principali eventi del pianeta. L'autore lo fa con gli strumenti tipici del romanzo d'appendice: una trama a prova di bomba, amore e società, una sana dose di violenza e di passione, personaggi credibili incastonati su contesti storici intriganti, suspense mai sotto i livelli di guardia. Solo il tempo lo dirà è inglese quanto lo sono stati i grandi romanzi di Charles Dickens e Thomas Hardy, sa di birra bitter e di roastbeef e Yorkshire pudding, di austerità albionica tanto quanto di classico humour britannico. Certo, c'è un che di positivamente feuilleton nella sua costruzione, come se l'autore conoscesse a menadito gli ingredienti necessari per fare di una bella storia una serie vincente.
L'intera vita di Archer è all'insegna delle grandi controversie, a partire dalle versioni contrastanti sui trascorsi militari del padre. Altre scelte discutibili hanno posto fine alla sua lunga carriera politica e così, forse, hanno dato al mondo un grande narratore. Deputato per il Partito Conservatore alla Camera dei Lord, è stato candidato alla carica di sindaco di Londra e ha occupato uno scranno nel Parlamento Europeo e poi ha rassegnato le dimissioni nel 1999 per uno scandalo che lo ha portato in carcere tra il 2001 e il 2003 per false dichiarazioni giurate e ostruzione della giustizia. Ma, già nel 1974, dopo una serie di investimenti andati male, Archer aveva iniziato a risalire la china attraverso la scrittura.
Laureatosi a Oxford, Jeffrey Archer ha sempre mostrato incredibile intraprendenza e passione per l'intrigo. È probabile che tutto questo gli abbia spianato la strada nell'arena politica e che, forse, abbia fatto traballare sotto il suo peso qualche scricchiolante gradino nella scala della vita, con cadute di tono più o meno eclatanti e altrettanto romanzesche rinascite. Un'araba fenice molto poco araba e molto britannica, dunque, sempre pronta a reinventarsi. In Jeffrey Archer hanno coabitato o si sono susseguiti lo studente modello di Pedagogia a Oxford, l'imprenditore, l'atleta agonista, l'organizzatore di eventi benefici, il politico e, naturalmente, lo scrittore. Professione, questa, che fin dagli esordi non gli ha mai negato grandi soddisfazioni commerciali (330 milioni di copie vendute in tutto il mondo!) e qualche plauso della critica, troppo spesso snob e poco incline a riconoscerne l'abbondante talento narrativo. Ci sono autori che vendono tanto e altri, come lui, che vendono di più. Immagino che ad Archer, in fondo, poco importi, quando riceve l'estratto conto della banca.
D'accordo, inclinazioni personali e capacità artistiche non sempre vanno a braccetto, ma lo spiccato romanticismo della saga dei Clifton non può essere solo frutto di biechi calcoli. Immagino, anzi, che la scelta di attraversare un lungo periodo storico mediante una narrazione molto più inglese che internazionale abbia fatto storcere qualche naso, come talvolta succede quando una gallina dalle uova d'oro si mette in testa una mossa anomala. Ma i personaggi sono talmente veri che sembrano uscire dalle pagine ingiallite di un diario abbandonato in un polveroso scantinato. Ed ecco che il lato romantico di Archer affiora anche nella vita. Nel 1979, poco dopo la fine dei suoi gravi rovesci finanziari mondati dal successo dei suoi libri - il primo, Non un soldo di più, non un soldo di meno, un romanzo ispirato all'autore dalla sua stessa difficile situazione economica, uscì in Inghilterra nel 1976 - ha acquistato una casa legata al grande poeta inglese Rupert Brooke, l'Old Vicarage di Grantchester, immortalata nell'omonimo componimento. Forse, l'intenso incipit di Solo il tempo lo dirà - «Mi fu detto che mio padre era rimasto ucciso in guerra» - ha un che di autobiografico ed è un manifesto del pacifismo dell'autore, in questo vicino a Brooke, il poeta antimilitarista per antonomasia.
Immagino che l'amico scrittore che ha storto
il naso alla menzione di Jeffrey Archer in realtà non lo abbia mai letto. Siccome presto lo rivedrò, sempre in quel di Londra, mi ripropongo di convincerlo a leggerlo e a riaggiornarci per una valutazione a ragion veduta.
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