"Sono 'artivista' e lotto contro il governo cubano"

Intervista all'artista cubana Tania Bruguera, classe '68, che ha opere esposte nei più importanti musei del mondo

"Sono 'artivista' e lotto contro il governo cubano"

È un fiume in piena Tania Bruguera, mentre al Pac di Milano presenta la sua personale, la prima in Italia. C'è voluta la tigna del curatore, Diego Sileo, e tre anni di lavoro per portare una selezione delle azioni più significative dell'artista cubana, classe '68, che ha opere esposte nei più importanti musei del mondo (Tate, MoMa). Azioni, perché lei è artivista, odiatissima dal governo di Cuba: la sua arte è performance civile. L'ultimo lavoro, realizzato a Milano con l'Associazione ex deportati nei campi nazisti, è una bandiera europea su cui è cucito del filo spinato e il titolo della mostra, «La verità anche a scapito del mondo» (fino al 13/2) è una citazione di Hannah Arendt.

La sua verità su Cuba?

«Ognuno può avere la sua opinione, ma la verità storica è una sola. La rappresento nella performance Sin Titulo (in mostra al Pac, ndr) realizzata per la Bienal de la Habana e poi censurata. Ci sono tre uomini nudi che, nel buio di una galleria, elencano i nomi degli oltre 500 prigionieri politici a Cuba. Lo sapete quel che è successo l'11 luglio scorso?».

Lo racconti lei.

«Hanno arrestato più di mille persone che protestavano per le insufficienti risorse per la lotta al Covid e per la libertà di espressione: 40 sono minorenni, un ragazzino di 16 anni si è beccato 23 anni di carcere. Poi il governo ha il coraggio di organizzare la Bienal 2021, che ho boicottato, intitolandola Etica e società...».

Che conseguenze ha avuto il boicottaggio?

«Polizia fissa davanti al portone, nessun accesso a Internet, amici portati via con la forza da casa mia, divieto di partecipare a qualsiasi manifestazione, divieto di esporre le mie opere. Su Facebook il governo diffonde fake news su quanto Cuba sia tollerante: vige il terrore di Stato, avallato da una legge che permette l'incarcerazione di chiunque critichi i politici».

Lei però ora è qui, libera.

«Ho fatto una trattativa. Il governo non vedeva l'ora che lasciassi l'isola e ho chiesto in cambio del mio allontanamento la liberazione dei prigionieri della retata dell'11 luglio».

Bel colpo.

«Ma su 40 ne hanno liberati 26. Nel frattempo, ho accettato un incarico di insegnamento ad Harvard».

Può tornare a Cuba?

«Contro di me è stato rispolverato un editto di esproprio, un atto di epoca coloniale, ma non ho firmato alcun documento con scritto che me ne andavo per sempre».

In Europa tanti vivono ancora nel mito di Cuba.

«Lo spirito della rivoluzione muore ogni giorno che il governo compie ingiustizie contro il popolo».

Il problema è forse l'embargo?

«È colpa dell'embargo se il ministro della Cultura non dice nulla quando la polizia carica intellettuali inermi, e ne uccide due, solo perché manifestano per i diritti civili?».

Si

considera una dissidente al pari dei tanti cubani che hanno messo radici in Florida?

«Considero dissidente chi fa dell'opposizione al governo il suo lavoro principale. Io sono un'artista che dissente. È diverso».

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